Forti divari retributivi di genere e un’occupazione femminile che resta scarsa. Non sono rassicuranti i dati relativi alla provincia di Monza che si evincono dall’analisi commissionata dall’ufficio della Consigliera di Parità della Lombardia al gruppo di ricerca RES dell’Università degli Studi di Brescia.
Donne e lavoro: secondo la Cisl in Brianza “Paghe inferiori e scarsa possibilità di crescita professionale”
A confermarlo il rapporto biennale 2022-2023 “Occupazione femminile e maschile nelle imprese lombarde con più di 50 dipendenti”, che ha analizzato i dati forniti da 8.351 imprese lombarde prendendo a riferimento lo stato occupazionale, le tipologie contrattuali, l’utilizzo di forme di flessibilità e di conciliazione vita/lavoro, la formazione svolta e i flussi in entrata e in uscita.
Nel nostro territorio la presenza femminile nel mondo del lavoro è ancora marginale, tanto da meritare gli il penultimo posto nella classifica regionale: in undicesima posizione troviamo infatti la Provincia di Monza e Brianza con il 40,1%. Solo tra gli impiegati il numero di donne supera quello degli uomini (50,5%) mentre se una donna aspira ad un ruolo dirigenziale ha scarse possibilità di ottenerlo: solo il 27,8% dei dirigenti e il 36,1% dei quadri sul territorio di Monza Brianza è di sesso femminile. La percentuale decresce per le operaie (25,6%).
Il divario nelle retribuzioni
Non sono numeri rassicuranti – anche se al di sotto della media regionale (20,1%) – quelli relativi al gender pay gap: il nostro territorio si attesta al secondo posto nella classifica con il 19,5%. Considerando il monte retributivo lordo pro-capite, una lavoratrice guadagna in media 10.000€/anno in meno di un lavoratore di sesso maschile (uomini 67.767 – donne 57.065).
Ad incidere negativamente sulle retribuzioni femminili, oltre all’essere impiegate in ruoli meno remunerativi, è una serie di fattori non secondari: l’alta incidenza del lavoro part-time e di contratti a tempo determinato, l’utilizzo dei congedi parentali e, non ultimo, le dimissioni nei primi anni di vita dei figli.
A Monza, infatti, il 73,1% degli impiegati e il 56,2% degli operai con un contratto part-time è donna. Un altro fattore che incide sul gap retributivo di genere è certamente la discontinuità nelle carriere lavorative. Se infatti andiamo ad analizzare i contratti scopriamo che, a Monza, tra gli operai che possono godere della sicurezza di un contratto a tempo indeterminato solo il 25,1% è donna, come il 27,3% tra i dirigenti e al 36,1% tra i quadri. Più equilibrata la situazione nei lavori impiegatizi (49,4%).
Non è necessaria un’attenta analisi dei numeri per certificare l’influenza del ricorso ai congedi parentali sulla minor retribuzione delle donne. A Monza Brianza le mamme che fruiscono dei giorni di congedo per accudire i figli sono l’83,3% del totale dei richiedenti tra i dirigenti, il 73,4% tra i quadri e il 76,7% tra gli impiegati.
Nell’analisi delle dimissioni nei primi 3 anni dei figli spicca l’incidenza nei lavori impiegatizi: tra coloro che lasciano il lavoro il 72,4% sono donne.
Le richieste della Cisl
Il commento di Mirco Scaccabarozzi, Segretario Generale CISL Monza Brianza Lecco:
“La ridotta occupazione femminile e il divario retributivo sussistente permangono e costituiscono oggettivamente una penalizzazione che si estende dalle lavoratrici al mercato del lavoro. Che fare? Al netto dell’ovvio impegno contrattuale ai tavoli sindacali occorre altresì un intervento legislativo che consenta più ampi spazi di agibilità per quanto riguarda le azioni mirate alla conciliazione vita lavoro, dal momento che il welfare cosiddetto invisibile poggia ancora in larghissima misura su spalle femminili. Non dimentichiamo poi le cosiddette famiglie sandwich che di nuovo vedono un massiccio impegno delle donne sia per i minori che per gli anziani, talora grandi anziani.
Ancora, analizzando il dato retributivo si scopre che il divario maggiore non è sulla paga base ma nelle componenti accessorie, spesso legate alla valutazione discrezionale delle performance. A fronte di ciò sono per noi necessarie maggiore trasparenza e oggettività nella definizione dei criteri di assegnazione in modo che l’attribuzione si svincoli da qualsiasi considerazione di genere”.