L’export conviene?
Gli italiani guardano con sospetto al commercio internazionale, nonostante faccia crescere la nostra economia.
L’export conviene? L’ultimo rapporto dell’Istituto Italiano per il Commercio Estero (Ice) certifica che il “peso” maggiore delle esportazioni di beni e servizi sulla creazione di ricchezza, ossia sul Pil, è cresciuto in Italia di quasi 7 punti percentuali, attestandosi al 32,1 per cento nel 2018. Si tratta di valori superiori a quelli dei principali Paesi Ue.
L’export conviene, ma gli italiani non ci credono
L’export conviene, ma gli italiani guardano con sospetto al commercio internazionale.
Un recente sondaggio della Commissione europea sul commercio internazionale mostra una spaccatura tra l’Italia e il resto dell’Unione europea. Solo il 35% degli Italiani ritiene di trarre personalmente un beneficio dal commercio internazionale, a fronte di una media Ue del 60%, con un aumento di 16 punti percentuali rispetto al precedente sondaggio di 10 anni fa. Il maggior divario tra la percezione in Italia e quella nel resto della Ue si ha tra le persone che hanno più di 55 anni: in Italia solo il 21% ha una percezione positivo, mentre nel resto dell’Unione si sale al 51%. Il commercio estero è visto con sospetto in Italia principalmente per il peggioramento della qualità dei prodotti importati (per il 35% degli intervistati, 26% in Europa), perché avrebbe causato disoccupazione (33% in Italia contro il 25% in Europa) e per il prezzo dei prodotti importati (28% in Italia, 26% in Europa). Eppure la diffidenza degli Italiani non trova riscontro nei dati ufficiali che sottolineano l’importanza dell’export per la crescita del Paese.
L’indagine Eurobarometro
Dai risultati di un’indagine speciale di Eurobarometro pubblicata dalla Commissione europea emerge che il 60% degli europei ritiene di trarre personalmente un beneficio dal commercio internazionale: si tratta di un aumento di 16 punti percentuali rispetto al precedente sondaggio di 10 anni fa.
L'indagine ha inoltre rivelato che il 71% degli intervistati considera che gli interessi commerciali dei rispettivi paesi siano difesi più efficacemente dall’Unione europea che non dai singoli Paesi quando agiscono ognuno per proprio conto.
I risultati dell’indagine confermano quindi una buona corrispondenza tra le priorità indicate dai cittadini e quelle contenute nella strategia dell’Ue “Commercio per tutti” seguita negli ultimi cinque anni.
Gli accordi commerciali Ue
Nel corso di tale periodo, l’Ue ha visto entrare in vigore 16 nuovi accordi commerciali, tra cui alcuni molto importanti con il Canada e il Giappone. Dal commercio internazionale dipendono oggi 36 milioni di posti di lavoro nell’Unione, 5 milioni in più rispetto al 2014. È aumentata l’attenzione nei confronti della trasparenza e dello sviluppo sostenibile, mentre l’ambiente e i diritti dei lavoratori sono diventati una pietra angolare della politica commerciale dell’Ue. Le misure protezionistiche unilaterali hanno accresciuto la necessità per l’Ue di intervenire per difendere gli europei da misure commerciali sleali e illegali da parte di terzi. Attualmente sono in vigore oltre 130 misure di difesa commerciale dell’Ue, che contribuiscono a proteggere 343.000 posti di lavoro in Europa.
I dati presentati nella relazione costituiranno anche una base importante per la definizione degli obiettivi e delle prassi in materia di politica commerciale nei prossimi anni.