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La responsabilità del datore di lavoro per infezione da Covid-19

I chiarimenti dell'INAIL

La responsabilità del datore di lavoro per infezione da Covid-19
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Con la progressiva riapertura delle attività economiche i datori di lavoro - fatti salvi i settori in cui sia possibile ricorrere o proseguire con la modalità di lavoro "agile" da casa – saranno tenuti a garantire ai dipendenti adeguati standard di sicurezza, adottando tutte le misure necessarie a garantire il diritto alla salute dei lavoratori sia sul luogo di lavoro, sia in ogni altro luogo ove si svolge l’attività lavorativa,per eliminare o almeno ridurre al minimo il rischio di contagio da coronavirus.

L’assetto normativo attualmente in vigore (art. 2087 c.c. e  D.Lgs. n. 81/2008), applicabile a “tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio” (art. 3, co. 1, D.Lgs. 81/2008), impone al datore di lavoro di compiere valutazioni e decisioni connesse ad ogni prestazione che ciascun lavoratore è tenuto a svolgere in azienda, con il rischio di incorrere in responsabilità anche di rilievo penale nel caso in cui si dovessero verificare criticità.

Per supportare il datore di lavoro nell’individuazione dei rischi “ragionevolmente prevedibili”, è stato adottato lo scorso 14.03.2020, successivamente integrato il 24.04.2020, il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure anti-contagio negli ambienti di lavoro, firmato dal Governo e dal Presidente di Confindustria, volto a “coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative”, che ha fornito importanti indicazioni sia dal punto di vista igienico-sanitario sia sul piano organizzativo. Protocollo, la cui mancata attuazione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino di adeguati livelli di protezione e sicurezza. Al citato documento si affiancano il Protocollo cantieri e il Protocollo trasporti e logistica adottati dal Ministero delle Infrastrutture in data 24.04.2020.

Il datore di lavoro, quindi, è titolare dell’obbligo giuridico di impedire che chiunque entri, lavoratore o soggetto terzo, in contatto con l’ambiente lavorativo contragga il Covid-19. Le norme antinfortunistiche, infatti, sono dettate a tutela non solo dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che vengono a trovarsi in azienda indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro.

Vista la preoccupazione che le aziende avevano manifestato circa eventuali responsabilità da contagio da Covid-19 e delle conseguenze che si sarebbero potute generare in caso dell'avvio di processi civili o addirittura penali a loro carico, l'INAIL è intervenuta con la circolare n.22 del 20 maggio scorso per chiarire che sono diversi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail per la tutela relativa agli infortuni sul lavoro e quelli per il riconoscimento della responsabilità civile e penale del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Queste responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
In buona sostanza dai principi normativi in vigore si può ragionevolmente sostenere che qualora il datore di lavoro provi di aver applicato e rispettato i protocolli sanitari individuati per ciascuna categoria produttiva a tutela del rischio contagio da coronavirus (che non può essere ritenuto un rischio zero)  non rischierà alcuna sanzione civile e penale.

 

Avv. Andrea SPADA
Via Papa Giovanni XXIII n.8/C - Vimercate (MB)
Tel. 039/6880164www.studioavvocatospada.it

 

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