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Permane il mantenimento al figlio maggiorenne con contratto a tempo determinato

Permane il mantenimento al figlio maggiorenne con contratto a tempo determinato
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Non può essere revocato il mantenimento al figlio maggiorenne se non ha raggiunto in pieno l’autonomia economica

Questo è quanto stabilito in una recente ordinanza (n. 19077/2020) dalla Suprema Corte di Cassazione, che ancora una volta è tornata ad affrontare la questione relativa all’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne da parte dei genitori.

Si tratta di un tema che ha un sempre più attuale riscontro applicativo, evidentemente legato alle difficoltà che oggi i giovani incontrano rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro ed all’ormai abituale ricorso delle aziende a stage tirocini, apprendistato e contratti a termine. 

In estrema sintesi, il principio che regola la materia è il seguente: i genitori sono tenuti al mantenimento del figlio, anche se maggiorenne, che non abbia ancora raggiunto l’autosufficienza economica. Sulla determinazione del concetto di autosufficienza economica, tuttavia, influiscono una serie di fattori, di cui la Corte tiene conto al fine di giungere alla conclusione dell’ordinanza di cui si discute. Nella specie, si afferma che non può definirsi indipendente sotto il profilo economico il figlio impiegato con lavori che prevedano assunzioni a tempo determinato e questo perché tali tipologie contrattuali non garantiscono una sufficiente stabilità.

La giurisprudenza ha chiarito che non un qualsiasi impiego fa cessare l’obbligo del mantenimento e, al contempo, che l’indagine del Giudice deve ispirarsi a criteri di relatività ed essere ancorata alle occupazioni ed al percorso scolastico, universitario e post-universitario del figlio nonché alla effettiva situazione del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione. 

Tutto ciò con la ulteriore precisazione che non può immaginarsi che l’obbligo assistenziale del genitore possa protrarsi oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura. Infatti è stato più volte affermato dalla giurisprudenza che l’obbligo di mantenimento viene meno oltre che al raggiungimento dell’autosufficienza economica anche in caso di inerzia del figlio, che rifiuti ingiustificatamente opportunità di lavoro ovvero non si adoperi per cercarne una. Ma sarà il genitore onerato a dover provare tali circostanze, affinché sia dichiarato non più dovuto il contributo al mantenimento.

Per completezza va tuttavia evidenziato che in una precedente pronuncia a quella sopra indicata (la n. 17183/2020) sempre la Corte di Cassazione aveva ritenuto invece di affermare un principio opposto, osservando come l'obbligo dei genitori di mantenere i figli trova come limite la conclusione del percorso educativo-formativo che rende esigibile l’utile attivazione del figlio nella ricerca di un lavoro.

Non si può pretendere dal genitore di prolungare il mantenimento fino a quando le condizioni del mercato del lavoro, oggi peraltro mutate, consentano al figlio lo svolgimento di un’attività all’altezza della sua professionalità. La qualità del lavoro, la retribuzione, la stabilità dell’occupazione non dipendono dal genitore e rientra nella responsabilità del figlio, conseguita la capacità di lavoro, ricercare un’occupazione.

Pertanto, una volta iniziato un qualche lavoro, anche se precario e anche se la retribuzione percepita è modesta, il diritto al mantenimento cessa e non risorge in caso di perdita dell’occupazione o negativo andamento della stessa, soprattutto se sovviene l’assistenza pubblica con dei sussidi di disoccupazione.

Come si vede una materia nella quale il conflitto tra pronunce dei tribunali e della Suprema Corte di Cassazione rende difficile ricavare un principio certo.

 

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