L'iniziativa

All’istituto Levi vietati i telefonini, che finiscono in una cassettiera. "Gli alunni possono sopravvivere"

Un modo per favorire l’attenzione e la concentrazione. Favorevoli gli studenti, anche se qualcuno rimane perplesso.

All’istituto Levi vietati i telefonini, che finiscono in una cassettiera. "Gli alunni possono sopravvivere"
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A scuola senza il telefonino? Si può. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, l’istituto Levi a Seregno è stato "decellularizzato". All’inizio della giornata gli alunni consegnano il telefono cellulare e lo riprendono al termine delle lezioni.

All’istituto Levi vietati i telefonini

"Abbiamo iniziato lo scorso anno, quando eravamo in presenza, con le classi prime e da settembre questa prassi è stata estesa a tutto l’istituto - spiega il dirigente scolastico, Massimo Viganò - Con un piccolo investimento, tutte le nostre quaranta aule sono state dotate di una piccola cassettiera a scomparti della grandezza di uno smartphone, uno per ogni alunno, e chiusi con un lucchetto. In questo modo gli alunni possono lasciare il proprio smartphone in tutta sicurezza, oppure scegliere di non portarlo neppure a scuola".

Il cellulare può essere ritirato soltanto alla fine delle lezioni oppure se serve per motivi didattici. "A volte viene usato per fare delle ricerche o dei progetti e in questo caso l’utilizzo del dispositivo viene incoraggiato. Ma non è più così necessario, dato che tutte le aule sono dotate di una lavagna luminosa collegata a internet e hanno un computer portatile".

L’utilizzo del telefonino durante le lezioni è sempre stato vietato, ma "in questo modo è più chiaro e più semplice controllare che il divieto sia rispettato. Prima i docenti dovevano vigilare che gli alunni non lo usassero e, nel caso, requisirlo. Poi mandavano gli studenti da me in presidenza. Con questo nuovo sistema, tutto questo non dovrebbe più accadere. Si evita anche la possibilità che venga fatto un utilizzo improprio dello smartphone durante l’intervallo o nei momenti di pausa, come video e foto non autorizzate che violano la privacy degli altri alunni".

Obiettivo disintossicarsi

L’obiettivo principale dell’ inedita iniziativa è promuovere una sorta di disintossicazione: «Stare sempre connessi non è certamente positivo per ragazzi dai 14 ai 19 anni: vogliamo abituarli a sopravvivere senza telefono e  dimostrare che è fattibile stare cinque ore senza. Così si favorisce anche la concentrazione e l’attenzione durante le lezioni, quindi crediamo che possa migliorare anche i risultati scolastici degli studenti».
Il progetto è stato approvato in Consiglio d’istituto dai rappresentanti dei genitori, dagli studenti e dai docenti.
«All’inizio c’è stata qualche difficoltà - ammette il preside - Qualche alunno che non portava il lucchetto, altri beccati con il cellulare all’intervallo, ma tutto sommato le misure sono state accolte bene. Immagino che qualche studente non sia contento, ma non ci sono state grosse proteste».

Studenti d'accordo

Secondo un paio di studenti interpellati - Ilenia Volpe, 17enne di Giussano, e Alessandro Mariani, 16enne seregnese, entrambi in quarta al Liceo delle scienze applicate - non si è trattato di un grosso cambiamento.
"Personalmente guardavo il cellulare soltanto per tenere d’occhio l’ora e infatti adesso ho comprato un orologio - commenta Ilenia Volpe - A volte lo usavo anche per chiedere un passaggio per il ritorno a casa, soprattutto in caso di pioggia, per il resto del tempo rimaneva spento. Quindi queste nuove misure mi lasciano abbastanza indifferente. Anche i miei genitori sono tranquilli, perché sanno che non lo usavo durante le ore di lezione".
D’accordo anche il compagno: "Nella nostra classe siamo sempre stati diligenti, abbiamo la maturità per capire quando è il caso di usare il cellulare e quando, invece, è il momento di ascoltare i professori. Alcuni compagni usavano lo smartphone per ripassare all’intervallo oppure per organizzare il rientro a casa, cosa che ora è possibile fare solo all’ultimo momento: ma a parte questo, non ci sono grossi problemi. Ne ho parlato con i miei genitori che sono d’accordo, anche se non sono sicuri che proibire e non responsabilizzare sia il modo giusto per educare".

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