Monza

I 70 anni del Frisi, la culla dei grandi uomini

Una tre giorni di festa per lo storico istituto la cui parabola è legata a quella dei grandi movimenti culturali e politici che hanno attraversato il Paese.

I 70 anni del Frisi, la culla dei grandi uomini
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Lo studio in primis, che seppur duro ha sempre rappresentato per gli studenti un lasciapassare per il futuro. Ma pure le lotte politiche, i primi amori e una marea di sogni. Tutto fra i banchi di scuola. E’ una storia che non smette di affascinare quella che si accompagna al celebre liceo scientifico Paolo Frisi di Monza. Giunta al suo 70esimo anno di vita, la scuola di via Pelletier è stata infatti il luogo dove sono cresciute e si sono formate migliaia di generazioni di giovani, molti dei quali divenuti dei veri e propri talenti, che dentro alle aule hanno vissuto esperienze ed emozioni che ancora oggi restano indelebili nei loro cuori.

I 70 anni del Frisi, la culla dei grandi uomini

A diventare grande al Frisi, e in seguito anche piuttosto illustre, è stato per esempio Edoardo Scioscia, il 63enne noto fondatore delle librerie Il Libraccio. Diplomatosi nel 1978, la parabola di Scioscia era già scritta. Impegnato in politica e nel sociale, instancabile attivista extraparlamentare, già al Frisi il suo entusiasmo da «gran casinista» lo aveva reso molto celebre fra gli altri studenti, tanto da essere eletto con un numero di preferenze record nell’allora Parlamentino che raggruppava i presidi e gli studenti delle scuole del territorio. «E questo nonostante le mie numerose assenze e i miei voti non proprio brillanti. Al Frisi il dibattito politico allora era vivacissimo, e con quello la possibilità di socializzare e farsi conoscere».

La marinata romantica e il colpo alle parti basse di Bertazzini

Fra i tanti ricordi che l’ex studente frisino conserva, c’è proprio quello legato a una delle sue frequenti fughe da scuola: «Quella volta non era per ragioni politiche ma perché dovevo corteggiare una ragazza. Ed è stata anche la volta in cui i miei genitori mi hanno scoperto».
A guidare il Frisi in quegli anni c’erano lo stimatissimo preside Alfonso Tedesco e l’ex sindaco e professore Pier Franco Bertazzini, suo vice. «Due persone straordinarie e capaci. Ricordo di una protesta che avevamo messo in piedi contro un professore che aveva beffato uno studente. Avevamo appeso un cartello sulle scale. E Bertazzini si era subito attivato perché lo togliessimo. Io avevo un piede rotto e non appena si è avvicinato gli ho intimato di allontanarsi con la stampella. E senza volerlo ho rischiato di colpirlo nelle parti basse. Io e il professore ci abbiamo riso per anni».

Il re del libro

Il resto è storia. Prima il mercatino dei libri fuori dal Frisi. Poi in piazza Vetra a Milano. Laddove Scioscia ha trovato il suo primo incarico in una vera libreria e ha conosciuto i suoi futuri soci. Con i quali ha infine aperto la prima libreria a Milano nel 1972 e poi quella a Monza nel 1982. «Quanto mi è stato insegnato al Frisi me lo porto ancora dietro e ha influenzato tutte le mie successive imprese professionali. E spero che anche i ragazzi di oggi lì dentro possano crescere non solo come bravi studenti ma soprattutto come uomini».

La parabola di Cereda, giornalista e professore

A sedere in cattedra al Frisi in veste di professore di matematica e fisica negli anni del radicalismo politico e culturale è stato invece Claudio Cereda. Già stimato e noto giornalista di sinistra, Cereda ha insegnato nel liceo cittadino dal 1977 fino al al 1987 e ci è poi tornato dal 1999 fino al 2008, dopo una parentesi come docente allo Zucchi, guidando per primo delle nuove classi sperimentali ove fra le altre cose si approfondiva l’Informatica.

«Quando sono arrivato al Frisi ho capito che l’insegnamento era la mia strada: rapportarmi con gli studenti guardandoli negli occhi e tornare a parlare delle materie che mi affascinavano è stata la cosa più meravigliosa che mi potesse accadere - ha spiegato - Il Frisi era un luogo magico dove convergevano i migliori docenti e tanti intellettuali. Noi professori eravamo chiamati a formare dei giovani colti e critici ma anche tanto preparati sul versante scientifico in termini di competenze. E i ragazzi ci ammiravano. Credo che quest’approccio sia ancora oggi il segreto del fascino che il Frisi riesce a esercitare sui giovani».

Il preside di sinistra snobbato

Anche per Cereda, la presidenza di Alfonso Tedesco è fra quelle indimenticabili: «Era il marito della sorella maggiore di Enrica Galbiati, la preside di ferro del liceo Zucchi. L'establishment monzese lo considerava un debole perché era di idee cattolico democratiche e dialogava con gli studenti. Io potevo capirlo giacché mi portavo dietro la fama di rivoluzionario. Dopo anni il suo ruolo è stato riconosciuto e l'aula magna del Frisi è stata intitolata a suo nome».

Anche per Cereda, insomma, il Frisi è stato una bella scoperta: «Lì per la prima volta ho visto gli studenti tornare in classe dopo l’intervallo senza bisogno di essere richiamati. Educatissimi. Un pezzo di mondo a parte, ricco e complesso. Forse molto diverso da quello che è oggi. Ma che mi porto dentro con grande orgoglio».

Studenti ed ex studenti insieme per raccontare e vivere il liceo

L’autogestione del 1978 raccontata dagli ex frisini illustri e poi le interviste speciali ai professori e agli studenti di ieri di oggi. Ma pure musica, arte, buon cibo e la caccia al tesoro.
E’ stato un weekend pieno di tante iniziative quello organizzato in via Pelletier per i 70 anni del Frisi. Al grido di «frisini si resta per sempre» a far visita a studenti, professori e genitori, guidati dalla dirigente Lucia Castellana e dal vicepreside Fabio Resnati, che hanno sottolineato come il liceo abbia saputo negli anni seguire i cambiamenti della società per mantenendo la sua impronta tradizionale e mantenere il senso della comunità anche nei momenti più difficili, sono stati in tantissimi.

Dagli eccellenti ex storici frisini, (molti dei quali ritratti anche nella mostra fotografica allestita per ricordare l’autogestione del 1978), come il critico cinematografico Gianni Canova, il fondatore del Libraccio Edoardo Scioscia, l’ex vicepreside Giuseppe Meroni e financo il primario del San Raffaele Roberto Zangrillo, fino al sindaco Paolo Pilotto e all’assessore Carlo Abbà.

I festeggiamenti

L’apertura dei festeggiamenti venerdì, con la lectio magistralis dell’astrofisico Stefano Covino, la realizzazione del murales «yellow submarine» e il concerto di musica all’aperto. Sabato è stata invece la volta dell’incontro tra gli studenti del triennio con alcuni ex frisini di spicco, dei concerti e delle rappresentazioni teatrali a cura di alunni ed ex studenti e del dj set serale. Domenica pomeriggio l’affollatissimo Auditorium intitolato all’ex dirigente Tedesco ha ospitato un dibattito sulla storia del liceo negli anni ‘70, una conferenza sul regista Pasolini e una sullo stesso Paolo Frisi tenuta dal docente Eugenio Rapisarda.
Mentre aule e corridoi si sono accesi con una divertente caccia al tesoro che ha visto impegnati gli studenti e con un delizioso rinfresco.

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Una tre giorni appassionante, ove tanti i ricordi di eventi e figure che hanno fatto la storia del celebre liceo si sono susseguiti senza sosta. La rivolta degli studenti nel ‘68 contro il licenziamento di don Luigi Brambilla, il docente di religione reo di aver insegnato ai ragazzi educazione sessuale. L’aggressione dei fascisti a Scioscia nel maggio del ‘78. E poi gli esami di maturità con l’intrattabile professor Bertè, padre della nota cantante, la grandezza umana e professionale del vicepreside Pace e di Battistina, storica collaboratrice scolastica, e la simpatia di Paolo Costantini, detto Pio, che negli anni ‘70 raggiungeva la scuola da Brugherio con i pattini a rotelle. Gli stessi che ha indossato domenica. Passato, presente e futuro. Nostalgia e voglia di guardare avanti con speranza. Che al Frisi si sono mescolati in attesa del prossimo genetliaco.

«Il momento più bello? Sempre la verifica di matematica!»

Da ben 25 anni il suo rapporto con il liceo Frisi non si è mai interrotto e per lui le verifiche di matematica erano e restano un «momento di gioia».
Il 38enne Eugenio Rapisarda, diplomatosi nel 2003 al liceo scientifico di via Pellettier, dal 2019 siede in cattedra nello stesso istituto per insegnare matematica e fisica.
La sua storia di studente, e oggi appunto di professore, è legata a quella dei giovani e geniali talenti che il Frisi ha saputo sfornare.

«Facevo parte di una sezione sperimentale inclusa nel Piano nazionale di Informatica, pensato per garantire una migliore preparazione scientifica impartendo basi di programmazione e linguaggi informatici - ha raccontato il professore - Siamo partiti in 28 e siamo arrivati a diplomarci in 16. Ma se è vero che abbiamo studiato tanto, lo è anche il fatto che quel tempo speso sui libri non è certo stato inutile. Quattro dei miei compagni si sono infatti poi laureati in fisica, altri quattro in ingegneria, altri in economia e medicina. Allora come oggi il Frisi è da sempre un’eccellenza per quel che riguarda la preparazione degli studenti».
Anche Rapisarda, del resto, prima di tornare a insegnare si è laureato brillantemente in fisica e in quel del San Raffaele si è occupato di ricerca nell’ambito della fisica delle particelle elementari applicate alla medicina.
Una roba da cervelloni, si direbbe. Un campo complesso e inaccessibile per molti. Ma non per lui, affascinato da sempre da numeri e formule. «In realtà non bisogna pensare che la nostra giornata fosse focalizzata tutta sui libri. Anzi. Ci siamo pure divertiti tantissimo. Ricordo uno dei miei compagni, che oggi è uno stimatissimo ricercatore nel campo dei laser: durante una lezione di laboratorio per sfuggire alla noia ha lanciato una moneta incandescente a una mia compagna che, ignara, l’ha acchiappata con le mani».

A conferma di quella sana follia che spesso si accompagna al genio.

E proprio il ricordo del rapporto con compagni e professori è fra i più belli tra quelli che il professore si porta dentro: «Sono stati i cinque anni più belli della mia vita anche dal punto di vista umano perché ho avuto dei docenti tanto severi quanto capaci di ascoltarmi. E che per me sono diventati un modello da emulare. Se sono diventato quello che sono lo devo a loro. E sono felice di poter confermare che ancora oggi l’attenzione per i ragazzi è un elemento fondamentale che caratterizza tutti gli odierni insegnanti».

Il sorriso di Rapisarda racconta più di ogni altra cosa il suo amore per il liceo Frisi: «Tornarci da professore è stata la mia più grande soddisfazione. E’ stato un salto nel vuoto che ancora oggi mi fa dire tutti i giorni quanto sono felice». Una felicità che già da studente aveva il suo picco massimo in quel momento che solitamente i ragazzi temono: «La verifica di matematica - ha concluso - Mi dava una grande carica. Per me era gioia pura».

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