Inclusività

Lo spettacolo della «Puecher» è unico: gli alunni dedicano una parte della recita in lingua dei segni per la compagna

Un teatro inclusivo, reso possibile dalla professionalità di Beatrice Mottola, performer e interprete Lis

Lo spettacolo della «Puecher» è unico: gli alunni dedicano una parte della recita in lingua dei segni per la compagna
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Ha potuto sorridere assieme agli altri, capire le battute esilaranti dello spettacolo messo in scena a scuola e recitare in prima persona. Quanto accaduto allo spettacolo di fine anno della scuola Puecher di Monza è stato davvero unico: anche una bambina con ipoacusia ed impianto cocleare che utilizza la Lis come strumento di supporto al linguaggio verbale è stata pienamente coinvolta a dimostrazione che il teatro davvero può vincere ogni barriera.

Lo spettacolo della «Puecher» è unico: gli alunni dedicano una parte della recita in lingua dei segni per la compagna

Venerdì 30 maggio al Cineteatro Triante è successo qualcosa che non può passare sotto silenzio: è stato pensato e realizzato uno spettacolo davvero inclusivo, dove le barriere della comunicazione sono cadute grazie alla lingua dei segni. La magia è stata possibile grazie alla determinazione e alla competenza di Beatrice Mottola, insegnante di sostegno della classe I A, ma anche performer e interprete Lis. Insieme a lei, l'insegnante di italiano e coordinatrice della classe Lorena Giglio e il regista Luigi Bossio, artista della compagnia Puppenfesten, hanno contribuito a trasformare il palco in un luogo di accoglienza, espressione ed uguaglianza. Per garantire la piena partecipazione a tutti, anche a chi può avere disabilità comunicative, Bossio, Mottola e Giglio assieme alle colleghe coordinatrici Maria Mariano; Emanuela di Tuoro e alle altre insegnanti, all’assistente comunicazione Miriam Checconi e all’educatrice Vittoria Pagàni hanno deciso di portare la lingua dei segni sul palco, coinvolgendo tutte le classi prime della scuola Puecher in un progetto senza precedenti.

Il risultato? Nella I A, alcune parti dello spettacolo sono state recitate sia a voce che in Lis. Nelle classi I B e I C, invece, lo spettacolo è stato interamente tradotto in lingua dei segni, grazie alla presenza scenica della performer. Una scelta che ha permesso a tutti i bambini, di godersi ogni momento, ogni battuta, ogni canzone, senza esclusioni di nessun tipo.

«Per molti spettatori è stata un’esperienza nuova, toccante, che ha aperto gli occhi su quanto sia potente e naturale l’inclusione quando diventa parte della vita quotidiana - ha raccontato Mottola - C’è chi si è emozionato, chi si è sorpreso nel vedere i bambini parlare e segnare insieme, chi si è lasciato incuriosire dalla mia presenza. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’entusiasmo e la disponibilità di tutte le insegnanti, il supporto delle famiglie, e il sostegno della dirigente scolastica e del Consiglio d’Istituto, che hanno accolto con convinzione la proposta di inserire la Lis a scuola».

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I laboratori durante l'anno

Durante l’anno scolastico, infatti, i bambini hanno partecipato a laboratori di lingua dei segni, imparando diverse canzoni con le quali poi si sono esibiti divertiti davanti ai genitori e ai bambini della scuola dell'infanzia, che hanno visitato la scuola primaria e sono rimasti molto colpiti.
Dopo questi laboratori, i bambini ne sono usciti più consapevoli, più empatici, più aperti. La Lis non ha portato solo inclusione: ha portato benefici per tutti, indipendentemente da disabilità o altre fragilità. «Imparare la lingua dei segni potenzia la memoria, la coordinazione, la capacità di espressione e la motricità fine. Rafforza lo spirito di gruppo, la voglia di collaborare, il rispetto per le differenze - ha chiosato Mottola - può portare benefici anche ai bambini di origine straniera che non hanno ancora acquisito una sufficiente competenza nella lingua italiana. Per questi ultimi, infatti, la lingua dei segni riadattata può offrire una possibilità in più per comprendere più agevolmente gli altri, condividere esperienze, bisogni ed emozioni, migliorando di conseguenza le relazioni con i compagni e gli insegnanti».

E così, il palco è diventato un luogo dove nessuno è rimasto indietro. Dove ogni bambino ha trovato il suo modo di brillare. Dove anche chi ha delle fragilità di tipo comunicativo ha trovato un modo coinvolgente di farsi ascoltare. E dove, grazie alla lingua dei segni, le mani sono diventate parole più potenti ed il teatro si è fatto casa per tutti. «E’ questo il teatro che ci piace, - ha chiosato Mottola - nessuno escluso».

«Ho tradotto per i sordi da Baglioni al Papa»

Un sorriso contagioso e un modo tutto suo di raccontare il mondo: con le mani, con gli occhi, con la lingua dei segni.
C’è un piccolo aneddoto dietro la scena di Beatrice Mottola, siciliana trapiantata a Monza quattro anni fa, di imparare prima la lingua dei segni e poi anche il braille per aiutare le persone con disabilità sensoriali.

«Ho deciso di imparare la lingua dei segni perché da piccola ha vissuto a casa nostra per un periodo mia zia che aveva un deficit uditivo. Ho sempre provato a comunicare con lei, ma ancora non sapevo dell'esistenza di una lingua vera e propria. Usavo la gestualità e il labiale. Volevo renderla partecipe di quelle situazioni in cui, come alle cene di Natale tra parenti, in cui tutti parlano velocemente tra loro, la vedevo esclusa», racconta.

Crescendo, Beatrice trova un volantino che promuove un corso di lingua dei segni vicino a casa sua in Sicilia e non ci pensa due volte: si iscrive e continua a formarsi fino a diventare prima interprete e poi performer. La carriera poi la porta a Milano, dove approda 15 anni fa e poi ancora a Monza, dove vive tutt’ora.

«Sono prima diventata assistente alla comunicazione, poi ho incrociato nel mio percorso professionale i bambini ciechi e mi sono formata anche sul braille per aiutarli all’autonomia - racconta - Quando sono arrivata a scuola ho capito che non avrei mai potuto lasciare i miei alunni. Su stimolo dei miei colleghi ho completato l’iter per specializzarmi sul sostegno e non ho più lasciato quell’ambito in cui mi sento di poter fare la differenza».

Mottola è una che fatica a stare ferma e dopo la prima laurea in Lettere, a 42 anni si è rimessa sui libri e sta conseguendo all’Università di Fermo una seconda laurea in «Mediatori internazionale della lingua dei segni».

Qualche sogno nel cassetto lo ha anche realizzato grazie al suo ruolo da performer Lis che l’ha portata a tradurre spettacoli teatrali e musicali per persone sorde in giro per l’Italia, collaborando negli anni con diverse associazioni. «Ho tradotto anche un concerto di Claudio Baglioni, uno dei miei cantanti preferiti e ho potuto avere l’onere di tradurre in Lis il primo musical».

Se dovesse confessare il momento più emozionante della sua carriera non ha dubbi: «Ho tradotto tanti personaggi famosi, politici vari di tutti gli schieramenti, come Matteo Salvini, Matteo Renzi, ma anche il comico Beppe Grillo e il pianista Giovanni Allevi, ma quando ho dovuto dare la voce a Papa Francesco per le persone sorde durante un’udienza privata ho provato un’emozione che non si può descrivere».

Mottola ha permesso la fruizione di spettacoli anche nelle scorse settimane, quando ho tradotto in Lis il famoso influencer Schettini della «Fisica che ci piace» durante l'Edufest di Cinisello.

«La volta più divertente però è stata quando abbiamo partecipato a un gioco televisivo condotto da Max Giusti assieme al gruppo di interpreti di cui faccio parte che si chiama Animu», rivela.

La sua carriera, anche in quell’ambito potrebbe decollare, ma qualcosa frena Mottola. «Mi hanno chiamata per fare l’interprete anche al Tg, ma non me la sono mai sentita di abbandonare la scuola e i miei bambini. Mi danno tanto e mi fanno crescere, sento che hanno ancora bisogno di me», ha detto Mottola che ha partecipato anche ad attività di formazione all’estero ad esempio in Finlandia e in Portogallo.

La monzese è stata recentemente candidata, neanche a dirlo, come migliore insegnante d’Italia, ma lei è una che non ama la scena e i riconoscimenti: «Tutto quello che faccio è per l’inclusione, un tema in cui credo moltissimo, per qualsiasi forma di disabilità», ha chiosato.

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