Ricorso contro la scuola per il "6" in condotta, ma il Tar lo respinge
L’allievo dell'istituto di Carate Brianza era stato promosso, ma si era responsabile di atteggiamenti di bullismo nei confronti dei compagni e dell’uso di un linguaggio offensivo.

Promosso, ma con un «6» in condotta che ai genitori era andato di traverso tanto da spingerli a ricorrere alle vie legali. Ma il Tar della Lombardia, nella sentenza pubblicata la scorsa settimana, ha «dato ragione» alla fine alla dirigente e al Consiglio di classe - costretti a riaprire lo scrutinio finale di due anni prima e a riunirsi in via straordinaria dopo il primo pronunciamento del Tribunale amministrativo - ritenendo tutti «infondati» i motivi avanzati dalla famiglia di uno studente di prima superiore dell’istituto «Leonardo da Vinci» di Carate Brianza.
E' successo in una scuola a Carate Brianza
La vicenda risale all’anno scolastico 2021-2022 quando i genitori dello studente, dopo lo scrutinio finale, contestarono la valutazione assegnata al comportamento del figlio ritenendo di «non esserne stati messi al corrente nel corso dell’anno» e sostenendo che la votazione sulla condotta avrebbe rasentato «i limiti della discriminazione legata alle fragili condizioni psicofisiche del ragazzo, di cui la scuola non avrebbe tenuto adeguatamente conto, nonostante la predisposizione di un apposito Piano didattico personalizzato per disturbi di apprendimento».
Il Tar, nell’udienza di merito del febbraio del 2023, per la quale si era costituito il Ministero dell’Istruzione, aveva accolto l’istanza della famiglia sentenziando poi di lì a pochi mesi e disponendo l’annullamento degli atti che avevano portato all’attribuzione del «6» in condotta allo studente.
La decisione del Consiglio di classe
Riunitosi a fine maggio per ottemperare alla sentenza del Tar, il Consiglio di classe dell'istituto di Carate Brianza aveva però nuovamente confermato il voto sul comportamento dell’allievo contro il quale è arrivato l’ennesimo ricorso della famiglia. L’organo collegiale della scuola aveva motivato le ragioni del «6» in condotta sottolineando come «nel corso dell'anno scolastico» risultavano «documentati agli atti da parte dell'alunno diversi comportamenti, tutti intenzionali», che costituivano «una esplicita violazione degli obblighi di comportamento previsti dal regolamento di disciplina e dal regolamento in materia di bullismo e cyberbullismo e, segnatamente, dell'obbligo generale di rispetto nei confronti dei compagni e della comunità scolastica».
Nello specifico il Consiglio di classe aveva ravvisato nei comportamenti assunti dallo studente «la violazione del Regolamento di disciplina, degli articoli inerenti i Doveri degli studenti che sanzionano tra le mancanze disciplinari il mancato rispetto verso i docenti e i compagni, l'utilizzo di un linguaggio offensivo, l'assunzione di atteggiamenti di prevaricazione verso i compagni e di atteggiamenti persecutori che si configurano come atti di bullismo o cyberbullismo».
Secondo i giudici del Tar che hanno respinto in toto il ricorso dei genitori «il voto sul comportamento esprime un giudizio che l'Autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici ma, prima ancora, formativi ed educativi».