«Spiace, ma l’istituto comprensivo statale, negli ultimi anni, non ha avuto la capacità di essere attrattivo e innovativo come hanno fatto invece le scuole paritarie…».
Scuola pubblica in affanno, iscrizioni a picco
Lo ha detto senza troppi giri di parole Luigi Nava, capogruppo di Forza Italia, nel suo intervento in Aula durante la discussione del Piano di diritto allo studio approvato mercoledì sera della scorsa settimana con il voto contrario della minoranza che, come già in altre occasioni, ha puntato il dito «su due evidenti criticità», come ha evidenziato Andrea Calvaresi (Partito Democratico).
Sul tavolo il calo demografico con la conseguente pesante flessione delle iscrizioni e, di contro, l’impennata dei bisogni di assistenza educativa di cui «a farne le spese» sono però in città soprattutto le scuole statali e le scuole dell’infanzia comunali.
Numeri alla mano, l’istituto comprensivo «Gian Domenico Romagnosi» (tre plessi della primaria e la media «Dante Alighieri») negli ultimi cinque anni ha perso circa duecento studenti, pari a un -18% del totale, arrivando ormai vicino alla soglia minima dei 900 alunni che, la Legge statale di Bilancio sulla riorganizzazione della rete scolastica, ha fissato per garantire un’autonomia scolastica con un proprio dirigente e scongiurare quindi il rischio di futuri accorpamenti.
In calo anche gli asili comunali
Numeri in calo anche sul fronte degli asili comunali che, nello stesso periodo, hanno registrato invece la perdita di 64 bambini, circa un terzo dell’utenza, e che devono fare i conti anche con la presenza del 42% di alunni stranieri e con il 4,6% di alunni che necessitano, invece, di assistenza educativa.
Di qui l’ennesimo appello dell’opposizione «ad un tavolo comune» tra forze politiche per «un approccio diverso» e «più costante» che possa restituire «una fotografia dettagliata e approfondita delle possibile cause» e «modificare le azioni messe in campo» a livello comunale e «che non hanno dato di fatto risultato negli ultimi anni».
«Sono criticità che non si registrano solo a Carate Brianza – ha puntualizzato Nava, docente da oltre quarant’anni di una scuola statale (insegna al Da Vinci, ndr) – Dobbiamo prendere però atto che il soggetto educatore è innanzitutto la famiglia, che sceglie di delegare poi l’istruzione ai vari istituti quando li ha a disposizione sul territorio… Ciò non vuol dire che il Comune non debba far di tutto per rendere attrattive e appetibili le scuole che sono di sua competenza. La verità – ha aggiunto il capogruppo di Forza Italia – è che una scuola statale o una scuola che non ha alle spalle un ente che lo gestisca o un Consiglio d’amministrazione spesso concepisce il proprio ruolo come ruolo “dovuto” e si pensa come un’istituzione che, a prescindere da quello che propone, possa essere scelta».

Troppo poco, secondo Nava: «In una situazione di giusta concorrenza – ha detto – anche le scuole statali, se vogliono attrarre utenza, devono essere capaci di innovare, progettare, individuare percorsi che possano andare incontro ai bisogni di tutte le persone che hanno il diritto di essere istruite. Dico questo anche perché sono convinto che l’Istituto comprensivo, al terzo anno di reggenza, non ha avuto la capacità di essere attrattivo e innovativo come hanno fatto le scuole paritarie. A me piange il cuore sapere che mentre le Romagnosi hanno aule in abbondanza, la scuola Parrocchiale in questo momento deve utilizzare aule che fino a qualche anno fa erano dell’Ecfop perché hanno arricchito la loro proposta. Penso alla proposta “Scuola media senza compiti” che ha dietro l’idea di proporre a ragazzi più fragili e con bisogni particolari un percorso per cui la scuola, fino alle 17 del pomeriggio, li segue: questo la scuola statale è in grado di farlo? Può farlo a condizione che ci sia qualcuno dentro la scuola capace di innovare e progettare…».
Nel rispetto dell’autonomia scolastica, secondo il capogruppo azzurro, non può essere il Comune a indicare quali debbano essere insomma «le scelte per proporre qualcosa che vada incontro ai bisogni».
«Purtroppo a me – ha proseguito Nava – pare che al Comprensivo questa capacità non ci sia. E alla scuola parrocchiale le iscrizioni non sono diminuite, nonostante i costi. Vuol dire che che le famiglie sono pronte a farsi carico di costi anche elevati, pur di garantire ai figli un’istruzione di qualità che mi spiace dirlo, trovano di più in alcune istituzioni rispetto quelle dello Stato perché forse la scuola statale, in questo caso l’Istituto comprensivo, si è seduto sugli allori, pensando che comunque essendo gratuito sia più appetibile. Non è così: oggi le persone scelgono la scuola non perché è gratis, ma perché offre qualcosa che passa anche attraverso un’istruzione di qualità e per questo le famiglie sono anche disposte a fare sacrifici…».
A replicargli, prima del voto, è stata Anna Vergani (Pd): «Lo stesso discorso deve valere però per le scuole dell’infanzia comunali, che non risultano più appetibili, e in cui il motore è il Comune di Carate… Se i caratesi spendono soldi per scegliere scuole di qualità, aggiungo che lo fanno però quelle famiglie che possono permetterselo, perché la fotografia che abbiamo ci mostra che c’è una distribuzione ineguale dei bambini nelle nostre scuole e questo, a parere mio, non è affatto giusto…».