Velate

In meta contro gli stereotipi: la doppia partita di Cecilia dentro e fuori dal rettangolo verde

La 25enne ha fondato la squadra femminile del «Velate Rugby» e lancia un progetto di inclusione sociale

In meta contro gli stereotipi: la doppia partita di Cecilia dentro e fuori dal rettangolo verde
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Si dice che il rugby sia uno sport da mascalzoni praticato da gentiluomini. Ma anche gentildonne, come in questo caso.

In meta contro gli stereotipi

Perché se a Usmate Velate da qualche mese la palla ovale parla anche al femminile tanto, se non tutto, lo si deve alla giovane Cecilia Cavalca, 25 anni di Arcore e fondatrice delle «Viqueens», che del rugby non ne ha fatto solo una grande passione, ma anche una materia di studio e una filosofia di vita che l’accompagna nel lavoro. Perché la partita che sta giocando Cecilia, educatrice alla scuola media «Bontempi» di Agrate, non è solo sul rettangolo verde, ma anche e soprattutto fuori dal campo, dove ogni giorno cerca di andare in meta contro stereotipi e pregiudizi di ogni genere.

L’amore per la palla ovale scocca quando è poco più che una bambina. Figlia d’arte e con un fratello maggiore che intende seguire le orme del padre, diventa quasi naturale anche per Cecilia lanciarsi nella mischia:

«Ho iniziato a 8 anni nei “Pirati” di Vimercate - racconta lei - Di ritorno da un viaggio in Irlanda ho capito che volevo giocare a rugby e l’ho detto subito a mia mamma: il giorno dopo ero praticamente già in campo. Ho giocato in squadre miste finché la normativa legata all’età l’ha concesso, poi mi sono trasferita a Monza, dove esisteva una formazione prettamente femminile. In carriera ho vinto una Coppa Italia con l’Under16, ho avuto la possibilità di giocare con la selezione regionale e ho anche esordito in Serie A».

L'infortunio nel 2018

Una bellissima esperienza che però si interrompe bruscamente nel 2018, quando a causa di un brutto e sfortunato infortunio alla schiena, Cecilia deve fare un passo indietro. Lei però non si dà per vinta e prova a rimettersi in gioco: «Ho ripreso ad allenarmi in una squadra di Milano, ma il dolore era troppo forte, faticavo quasi anche a camminare dopo ogni sessione - prosegue la 25enne - Io però volevo rientrare a ogni costo, così l’anno scorso mi sono anche sottoposta a un’operazione. Ma niente, ho dovuto chiudere con l’attività agonistica vera e propria».

Il secondo tempo della carriera di Cecilia, però, inizia proprio da qui:

«Tramite il mio ragazzo ho conosciuto la realtà del “Velate Rugby” e parlando con qualche dirigente è venuta fuori l’idea di provare a formare una squadra femminile - spiega la ragazza - La proposta mi è piaciuta subito, anche perché ci stavo pensando da un po’, così mi sono lanciata. La scorsa primavera, nascono ufficialmente le “Viqueens”. Ai primi allenamenti ci siamo presentate in venti: un risultato che mai mi sarei aspettata di ottenere in così poco tempo. In questi mesi c’è stata qualche fisiologica defezione e oggi siamo in quindici: troppo poche per iscriverci a un campionato. Però l’obiettivo per il prossimo anno resta quello».

Il volantino

Fondamentale nell’appello lanciato da Cecilia è un volantino dal titolo inequivocabile: «Placca gli stereotipi». E’ proprio questa la missione della giovane arcorese, ovvero andare oltre i pregiudizi per regalare un’opportunità a chi sente il peso dei troppi luoghi comuni legati al rugby. Che invece non conosce affatto barriere di alcun genere.

«C’è purtroppo la convinzione che sia uno sport solamente adatto agli uomini perché considerato troppo fisico - dice ancora Cecilia - Invece non è così, anzi. Il rugby è uno sport veramente inclusivo, che tutti possono praticare, e sono davvero determinata a scardinare tutti quelli che possono essere gli stereotipi in questo senso. Il progetto che stiamo creando a Velate si pone proprio l’obiettivo di aprire le porte a tutti e tutte. La sfida è sicuramente complessa, ma affascinante. Oggi ci sono tante bambine che magari vorrebbero iniziare a giocare, ma per tanti motivi non riescono a vivere la propria passione. Il mio sogno è quello di poter offrire a tante ragazze non solo una squadra, ma anche l’opportunità di provarci. Serve determinazione e tanto coraggio per lanciarsi, ma sono certa che per tutte loro sia possibile. Anche perché il movimento femminile in Italia è molto in crescita e spero che anche io, nel mio piccolo, possa essere da esempio per le piccole atlete del domani».

Gli studi

Un obiettivo che, come detto, non si limita al campo da gioco, ma che Cecilia vuole raggiungere anche grazie al proprio percorso di studi e sul posto di lavoro. Recentemente infatti si è laureata portando come tesi un progetto educativo legato al rugby, visto principalmente come strumento di inclusione sociale.

«Attraverso questo sport i ragazzi e le ragazze sviluppano maggior comunicazione, gioco di squadra, rispetto delle regole, dell’autorità e soprattutto dell’avversario - spiega - Si tratta di un progetto educativo innovativo e particolare alla cui base si trova il concetto di inclusione: qualsiasi persona può praticare il rugby, maschi e femmine, anche chi soffre di piccole disabilità fisiche; perché il risultato finale è sempre merito della squadra e non dei singoli. C’è un ruolo per tutti nel rugby: che tu sia minuta e scattante, forte e robusta o portatrice di entusiasmo. E’ un progetto frutto del mio lavoro, ma anche del mio vissuto sul campo. Dove ho imparato che per raggiungere i propri obiettivi serve avere coraggio, inseguire le proprie passioni e non farsi abbattere dalle difficoltà. Perché è solo così che possiamo continuare a placcare gli stereotipi».

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