Ex società Bames-Sem: condanna a 4 anni e 8 mesi per i fratelli Bartolini

I sindacati: “Avevamo ragione, ora attendiamo con fiducia l’esito del secondo processo”.

Ex società Bames-Sem: condanna a 4 anni e 8 mesi per i fratelli Bartolini
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Il Tribunale di Monza ha condannato a 4 anni e 8 mesi Selene e Massimo Bartolini per la bancarotta fraudolenta della ex società Bames-Sem, fallita nel 2013, riconoscendo anche un risarcimento per danno morale di 5.000 euro a ciascun lavoratore che si era costituito parte civile: in pratica, circa 70 dipendenti.

Questa la sentenza emessa nei confronti dei due imputati che avevano chiesto il rito abbreviato, in attesa del secondo processo che si pronuncerà sul patron della società e padre di Selene e Massimo, Vittorio Romano Bartolini, e sugli altri 7 imputati.

A darne notizia, in un comunicato unitario diffuso nella serata di oggi venerdì 4 dicembre, sono state Cisl e Cgil.

"Riconosciuti i diritti dei lavoratori"

"Una lunga storia giudiziaria che non ha ancora visto la sua conclusione definitiva, ma che oggi può segnare un punto a favore delle lavoratrici e dei lavoratori che da anni lottano per il riconoscimento dei propri diritti contro una gestione aziendale fraudolenta - si legge nel comunicato. Distrazione di fondi per decine di milioni di euro e 480 persone rimaste senza lavoro: il bilancio della bancarotta Bames-Sem è di quelle che colpiscono pesantemente l’economia di un territorio e, con esso, il destino delle lavoratrici e dei lavoratori".

La soddisfazione dei sindacati

Soddisfatti per questo primo risultato Gigi Redaelli e Angela Mondellini, all’epoca rispettivamente segretari generali di Fim Cisl e Fiom Cgil:

“Un esito che ripaga le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori e conferma la bontà dell’intuizione che avevamo avuto come sindacato di insistere per chiedere di fare luce sulle responsabilità di coloro che hanno creato le condizioni del fallimento della società e della bancarotta fraudolenta”.

“Il caso era stato sollevato da Cgil e Cisl con le rispettive categorie dei metalmeccanici grazie a uno studio indipendente finanziato dai lavoratori – ricordano Redaelli, ora in pensione, e Mondellini, attualmente segretaria generale della Cgil di Monza e Brianza – che ha dimostrato, tra le altre cose, che i soldi che dovevano servire come investimento non c’erano più e, pertanto, erano stati distratti rispetto agli obiettivi aziendali con il conseguente fallimento della società”.

“Avevamo ragione noi, dopo sette anni di battaglie le nostre ragioni sono state riconosciute – continuano –. Aspettiamo con fiducia l’esito del secondo processo”.

“Ci avevamo visto giusto – sottolineano Pietro Occhiuto, segretario generale della Fiom Cgil di Monza e Brianza, e Enrico Vacca della Fim Cisl Brianza –, ora chiediamo che sia fatta giustizia fino in fondo per i lavoratori”.

La rilevanza della sentenza è stata evidenziata anche dagli avvocati - conclude la nota - che hanno seguito il caso per conto delle organizzazioni sindacali: “Una sentenza importante sul piano giuridico – sottolineano i legali Stefano Pelizzari e Roberto Scisca – perché non è usuale il risarcimento ai lavoratori in caso di condanna per bancarotta fraudolenta”.

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