Villasanta

"Don Eugenio ci ha insegnato a cercare Dio nelle cose piccole e semplici"

Villasanta ha dato l'ultimo saluto al 98enne sacerdote don Eugenio Ceppi. Toccanti le parole del parroco don Alessandro Chiesa durante l'omelia delle esequie

"Don Eugenio ci ha insegnato a cercare Dio nelle cose piccole e semplici"
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Villasanta si è fermata per dare l'ultimo saluto a don Eugenio Ceppi.

Il sacerdote aveva 98 anni ed è scomparso sabato scorso, aprile, nella casa di riposo Villa San Clemente di Villasanta.

Lunedì sera,  26 aprile 2021, anche l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini ha voluto far sentire la propria vicinanza alla comunità villasantese, partecipando al Rosario per il sacerdote.

Le esequie

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Le esequie di don Eugenio Ceppi sono state celebrate ieri pomeriggio nella chiesa di Sant'Anastasia, a Vllasanta, gremita di fedeli.

Ha presenziato la cerimonia monsignor Roberto Busti, vescovo emerito di Mantova, il vicario episcopale Luciano Angaroni, il parroco don Alessandro Chiesa, i sacerdoti villasantesi (don Simone Sanvito, don Giuseppe Angiari e don Fabrizio Rossi) oltre ad alcuni sacerdoti che hanno conosciuto don Eugenio, tra i quali l'ex parroco don Ferdinando Mazzoleni, don Mario Manzoni, don Stefano Buttinoni e don Emanuele Spada.

La toccante omelia del parroco

Il compito di ricordare don Eugenio, durante l'omelia, è toccato al parroco don Alessandro Chiesa.

Ecco l'intervento integrale del parroco che ha sottolineato come don Eugenio fosse "un uomo che sapeva portare il volto di un Dio fedele e misericordioso con una parola di conforto per tutti".

"La bimillenaria tradizione cristiana (quella con la T maiuscola) ci ha consegnato 4 testi che narrando la vicenda umana di Gesù di Nazareth, hanno permesso a tutti noi di vedere e conoscere il volto di Dio: questi testi sono i quattro Vangeli. Ma credo che tutti voi perdonerete la mia fantasia e la forse la mia sfrontatezza teologica e dottrinale, se affermo che in realtà è stato scritto anche un quinto Vangelo capace di raccontarci il volto di Dio. Un Vangelo, il quinto, non fatto di pagine scritte, ma di giorni trascorsi; non fatto di parole e verbi scritti sulla carta, ma di relazioni vissute e momenti condivisi. Il quinto Vangelo che ci narra il volto di Dio è la storia che lo Spirito Santo scrive nella vita di ciascuno di noi.
E tu, caro don Eugenio, per tutti noi (e in particolare per tutti i Villasantesi) sei stato questo quinto Vangelo che ci ha raccontato, ci ha narrato, che ci ha mostrato il volto di Dio.
Mi pare che don Eugenio non ci abbia voluto mostrare il Dio potente, quello capace di compiere opere straordinarie e meravigliose, bensì il volto del Dio fedele, il quale – come con il profeta Elia – non si fa riconoscere nel vento impetuoso o nel terremoto o nel fuoco, ma nel mormorio di un vento leggero (cfr. 1Re 19,11-12). E tu, caro don Eugenio, hai insegnato ad intere generazioni a cercare Dio nelle cose piccole e semplici di ogni giorno, nell’autenticità dell’amicizia, nella bellezza del creato che ci circonda, ma anche nella operosità faticosa del quotidiano alla quale hai educato a vivere.
Mi pare che don Eugenio non ci abbia voluto mostrare il Dio iroso e vendicativo, quello che soggioga l’uomo alla sua volontà, bensì il volto del Dio mite, umile, misericordioso, il quale “non spezza la canna incrinata e non spegne il lucignolo fumante” (cfr. Is 42,3). E tu, caro don Eugenio, ci hai fatto conoscere la misericordia del Padre nell’assidua fedeltà al confessionale, anche in questi ultimi anni, quando non aspettavi che il sabato pomeriggio per venire nella tua Parrocchia a confessare. E poi la tenerezza di Dio: ce l’hai insegnata con i tratti miti e semplici del tuo volto, del tuo sguardo, del tuo sorriso…nel tuo disarmante affidamento che ti faceva ripetere a tutti che «bisogna fare le cose bene…come vuole Madonna».
Mi pare che don Eugenio non ci abbia voluto mostrare il Dio lontano, quello che appare assente, o distante, quasi disinteressato alla vicenda umana di tutti noi, bensì il volto del Dio vicino, che si fa accanto ad ogni uomo, che si china a fasciare le ferite e le sofferenze dell’umanità (cfr. Lc 10,33-34). E tu, caro don Eugenio, ha mostrato la vicinanza di Dio nel tuo ministero sacerdotale, visitando gli ammalati, asciugando tante lacrime, trovando per tutti una parola di conforto, di vicinanza e di speranza. Mi ha sempre colpito la fedeltà di don Eugenio al ministero sacerdotale: quando, in questi anni, andavo a trovarlo a villa S. Clemente, mi capitava quasi sempre di trovarlo con in mano il breviario, o con in mano il rosario, o pronto per concelebrare la S. Messa. E attraverso questa tua fedeltà al ministero, ci hai insegnato la vigilanza, quella che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli, quella di coloro che sanno che la vita è sempre un’attesa non di qualcosa di nuovo, di diverso, di altro, ma di qualcuno che, solo, è capace di darle il compimento pieno. E ora, caro don Eugenio, questa attesa per te si è compiuta. Posso solo immaginare il tuo volto pieno di stupore e di incredulità quando, nell’incontro con Colui che hai atteso con amore per tutta la tua lunga vita, sei stato accolto alla sua mensa; e quale sconcerto quando il Signore che hai servito in quasi 74 anni di sacerdozio, si è strinto le vesti ai fianchi per servire te, suo servo fedele.
Don Eugenio è stato per tutti noi quel quinto Vangelo che ci ha narrato il volto di Dio; e credo che l’eredità che oggi ci lascia è quella di diventare – ognuno di noi – quinto vangelo, rimanendo docili allo Spirito e diventando riflesso del volto di Dio per ogni sorella, per ogni fratello che incontriamo nel nostro cammino.
Ora ti salutiamo, caro don Eugenio, affidandoti all’abbraccio d’amore del Padre e allo sguardo tenero di Maria.
Ti salutiamo dicendoti grazie per tutto quanto hai fatto per noi.
Ti salutiamo certi che continuerai ad accompagnarci pregando per noi e per tutta questa comunità che hai servito e amato per tutta la vita.
Ti salutiamo nella tristezza del distacco, ma anche nella certezza consolante di chi sa che anche ora, con il tuo sguardo buono e la tua fiducia disarmante, non puoi che ripetere a tutti noi: «sto benissimo!».

 

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