Era aperto dal 2017

Chiuso per sempre il ristorante Doma Num: "Piegato dal Covid-19, è la fine di un sogno"

Luca Alfonso, 37 anni, chef e titolare del locale di via Ugo Bassi, costretto ad abbassare definitivamente la saracinesca.

Chiuso per sempre il ristorante Doma Num: "Piegato dal Covid-19, è la fine di un sogno"
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"Tutto quello che ho fatto, tutto quello che ho creato per rimanere a galla, non è bastato...". Sono parole cariche di dolore e rabbia quelle che Luca Alfonso, 37enne titolare e chef del ristorante "Doma Num" aperto nel maggio 2017 in via Ugo Bassi (negli spazi che avevano ospitato lo storico locale «Il Ritrovo»), affida ad un lucidissimo videomessaggio sulla pagina social della sua attività e al nostro giornale.

Chiuso per sempre il ristorante Doma Num

Chef Alfonso le ha provate tutte in questo ultimo anno e mezzo segnato dal Covid-19 che lo ha costretto alla fine ad abbassare la saracinesca, ma che, soprattutto, gli ha portato via il sogno di una vita.

Ha resistito dopo i terribili colpi inferti dal lockdown e dalle restrizioni imposte poi dai Dpcm che si sono succeduti, ha provato a combattuto con il sorriso, con il suo fare sempre positivo e scanzonato. Ha tenuto aperto il ristorante per la prenotazione di un solo tavolo, ma quando questo è stato vietato si è buttato nel delivery con cene, aperitivi e brunch in stile Doma Num, sia con il servizio di Allonda specializzato in risotti. Ha ideato partnership con altri colleghi, ideato prelibati menu per Natale e Pasqua, ma, come dice, "non è bastato" e così il "Doma Nu" chiude, anzi ha già chiuso.

"Un anno e mezzo senza mai staccare, con il piede sull'acceleratore anche se praticamente si andava a tre all’ora perché quello che si poteva incassare era davvero poco... In verità la decisione di chiudere non è stata fatta a cuor leggero ma con tutta la fatica di quattro anni accumulata e tutti i debiti dell'ultimo anno e mezzo...", si sfoga lo chef caratese.

Forse qualcuno penserà che, oggi, con la ripresa delle attività, il peggio sia passato e che il giovane ristoratore avrebbe potuto tenere duro ancora qualche mese, ma è difficile rendersi conto dei danni che può causare la sofferenza, la paura e la distruzione di un sogno.

"Ho visto il sogno della mia vita incenerirsi"

"Stavo rischiando di ammalarmi seriamente - confida - perché ho visto il sogno della mia vita incenerirsi mese dopo mese. Non avevo più risorse e la cosa più grave è che la mia mente ha iniziato a cedere. Perciò, prima di cadere rovinosamente e perdere anche la capacità di poter vedere le persone che mi amano intorno, perché quando si cade in un baratro non si sa se e quando ci si rialza, ho deciso di chiudere... Luca che teneva botta, Luca che era sempre sul pezzo e che inventava ogni settimana qualcosa di diverso, oggi, non c’è più. Non riesco neppure a pensare di prendere una padella in mano o a cucinare per la mia famiglia. Ho affrontato questa cosa con tanta fatica e lacrime che tuttora ogni tanto si ripresentano, ma purtroppo non ce la faccio più ad andare avanti".

Quando il Dpcm del 26 aprile ha decretato che potevano riaprire solo i ristoranti con tavoli all’aperto, chef Alfonso ha perso l’ultimo lumicino di speranza perché il «Doma Num» non ha uno spazio esterno e costruire un dehor avrebbe comportato un costo troppo elevato e con il delivery calato vertiginosamente quando le persone hanno potuto ricominciare a sedersi a pranzare e cenare ai tavoli dei ristoranti all’aperto, «non è rimasta altra scelta».

"Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato con me"

"In quel momento mi è crollato il mondo addosso, ma ora voglio ringraziare tutti coloro che hanno collaborato con me in questi quattro anni in sala, in cucina; ringrazio tutti i fornitori che mi hanno sostenuto in questi anni e tutti i clienti che davvero mi sono stati vicini e troverò il modo anche per riconoscere quanto spetta a chi aveva prenotato cene o pranzi-regalo".

Cuoco da 23 anni, era riuscito a coronare il suo sogno

Un duro colpo per lui, che faceva il cuoco da ventitré anni e solo da quattro era riuscito a coronare il grande sogno: quello di aprire un ristorante tutto suo dove servire piatti di alta cucina interamente pensati, elaborati e preparati in un mix sorprendente di sapori siciliani e lombardi. E sicuramente aveva centrato l’obiettivo perché il «Doma Num», seppur giovane, era arrivato ad essere già presente in tutte le più prestigiose guide enogastronomiche nazionali e a meritarsi una doppia forchetta sulla prestigiosa "Guida Michelin", la Bibbia della ristorazione internazionale.

Del resto era stato lo stesso Alfonso, mesi fa, a prevedere che fra le vittime del Covid–19 andavano conteggiati anche tutti coloro che si sono tolti la vita o sono caduti in gravi forme depressive o di esaurimento nervoso: lo chef caratese per fortuna ce l’ha fatta ed è riuscito in qualche modo a salvarsi, ma il «Doma Num», una parte importantissima della sua vita e del suo sogno da ragazzino, è certamente una vittima del Covid.

"Penso che non mi vedrete con una giacca da chef per molto tempo, forse per sempre perché la delusione che provo è troppo grande, ma è stato bello comunque conoscervi, è stato davvero bello. Grazie a tutti - conclude Alfonso - e ci vediamo in giro...".

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