Sempre più a rischio, appello dei nonni per salvare il nipotino
Il bambino, nato in Brianza, ora si trova in mezzo al conflitto assieme alla mamma. L'appello dei nonni

Un’altra festa del papà è passata senza che il brianzolo Simone Bonato, 39 anni, abbia potuto riabbracciare il figlio Roman Marcello, che vive in Ucraina, nel Donbass, con sua madre. La sua ex moglie vive con loro figlio, nato a Carate Brianza, oggi di appena 6 anni, in un posto imprecisato nella Dnr.
L'appello per salvare il piccolo in Ucraina
A lanciare un nuovo appello sono i nonni del piccolo «Romancello», come affettuosamente viene chiamato il piccolo dalla famiglia italiana.
«A distanza di un anno dall'inizio del conflitto Russia/Ucraina la situazione per il piccolo Roman è ulteriormente peggiorata, dopo cinque anni di guerra nel Dombass, dove ha sempre vissuto a Donetsk, oggi si trova a vivere una fase ancora più critica, vive una situazione di forte disagio e pericolo - hanno raccontato i nonni brianzoli - Il bambino è costretto a continui spostamenti, la carenza di acqua e luce è cronica, purtroppo Roman continua a vivere una guerra condivisa dalla madre, ma che non è la sua».
Ad oggi, malgrado l'interessamento del Console Italiano in Ucraina e i vari tentativi fatti dai nonni, la posizione della madre si è ulteriormente irrigidita, azzerando totalmente i contatti da circa un anno.
La richiesta allo Stato italiano
«A tuttora non sappiamo dove Roman sia e con chi viva - continuano sconsolati i nonni - Ci appelliamo alla convenzione sui diritti dell'infanzia approvata dall'assemblea delle Nazioni Unite il 20/11/1989 e ratificata dall'Italia il 27/05/1991 Legge n. 176. Ci rivolgiamo ancora una volta a testate giornalistiche, istituzioni, personalità della cultura, dello spettacolo e chiunque voglia prendersi cura del piccolo Roman», concludono i nonni Angela Barbara Borrelli e Marcello Bonato, 64 e 65 anni.
I due avevano già scritto l’anno scorso al presidente della Repubblica Sergio Mattarella un accorato appello perché lo Stato italiano li aiutasse a riportare in Italia il piccolo, temendo per la sua vita trovandosi sotto un conflitto.
La storia di questa sventurata famiglia l’avevamo raccontata ormai oltre un anno fa allo scoppio della guerra con l’Ucraina.
«È da anni che non possiamo riabbracciare e tenere vicino il nostro nipotino almeno per un certo periodo. La madre del bambino rifiuta in modo categorico di venire in Italia», avevano spiegato.
Sempre più preoccupante
Oltretutto se Barbara e Marcello Bonato erano già preoccupati prima, la loro ansia è cresciuta mentre la situazione della regione filorussa diventava sempre più pericolosa. «Credetemi o no, ma io a Bakhmut ci ho fatto il viaggio di nozze e all'epoca si chiamava Artemivsk. Lei era di Donetsk, e la riteneva una meta graziosa. Così fu. Pernottammo in albergo in pieno centro. Andammo a teatro a vedere una commedia scherzosa (in lingua ucraina, mentre il pubblico interagiva con gli attori in russo). Visitammo i vigneti, la cantina vinicola/fabbrica di vino che creava mille qualità diverse con zucchero e polverine. Ci siamo persino concessi una visita in profondità a Soledar. Ora di tutto ciò non è rimasto nulla», racconta sconsolato papà Simone.
«La situazione internazionale si è mischiata a una vicenda personale rendendo quasi impossibili le vie diplomatiche», aggiunge nonno Marcello che, come detto, ad Agrate per anni ha gestito un laboratorio odontotecnico.
E continua: «Abbiamo scritto sia anche al Consolato Italiano a Kiev e siamo in attesa di un riscontro, ci siamo rivolti anche alla Farnesina e all'Unità di Crisi. Ma ci sentiamo impotenti, perché in quella zona non c’è alcun punto di riferimento a livello istituzionale. Aiutateci a portare in Italia il nostro nipotino!».