Risotto alla brianzola più o meno
L’ultima deliziosa ricerca dello storico di Triuggio, Angelo Cecchetti.
Risotto alla brianzola, il monzese è bianco: quello giallo invece è fatto con la luganega. L’ultima deliziosa ricerca dello storico di Triuggio, Angelo Cecchetti.
Risotto alla brianzola
Alcuni amici mi hanno inviato recentemente alcune notizie, recentemente comparse, sulla “nascita del risotto alla brianzola” chiedendomi un parere. Riprendo stralci dagli articoli “… "Diamo un nome ufficiale al risotto giallo con la luganega, visto che il risotto alla monzese è bianco … che per porre fine alla diatriba social del risotto bianco o giallo (con lo zafferano), passa direttamente al cambio di nome: quel risotto giallo con la luganega diventa il risotto alla brianzola … ". Mi permetto di esprimere qualche opinione, e ripeto che si tratta solo di opinione personale. Risotto alla brianzola, cosa significa?
• Si tratta di un piatto della tradizione brianzola?
• Il temine “brianzola” significa che si sta parlando di un piatto che si è sempre
cucinato in Brianza, o altro?
• Eventualmente, con la parola tradizione cosa si intende, qualcosa che si cucinava
così 10 anni fa, 50 anni fa, 100 e più anni fa?
• Si tratta di un piatto creato “recentemente” in Brianza?
Attraverso della documentazione possiamo aggiungere carne o riso… sul fuoco.
Un documento del 1700
Da una richiesta scritta nella metà del 1700 per “revisionare” la stima dei valori alla “… Eccellentissima Real Giunta (Milano) … Benché li Consoli, e Reggenti delle rispettive Comunità di Biassono con San Giorgio al Lambro, e di Macherio Pieve di Desio Ducato di Milano Servidori umilissimi dell’Eccellentissima Real Giunta…”. Questa breve introduzione serve per evidenziare che si parla di territori della Brianza e che quindi hanno attinenza a quanto mi permetto di esprimere, prosegue il testo “… Qui non v’è Riso, non v’è Lino, non v’è Lana, ma tutto deve comperarsi . Vive meschinamente il Contadino di stentato nero pane, ed Acqua, e deve nell’inverno ricorrere al Granaio del padrone, che lo alimento con quel medesimo Grano, che nella State precedente ricevette di Fitto…”. Possiamo quindi desumere che nel periodo settecentesco riso e quindi risotto ghe n’era minga ed era appannaggio solo di ricchi, nobili e delle persone agiate.
Da Antonio Odescalchi...
Da Antonio Odescalchi "Il cuoco senza pretese" ossia la cucina facile ed economica prima edizione - Como 1826, dove gli Odescalchi famiglia comasca che quindi può rientrare nell’ambito brianzolo, anche se una piccola precisazione mi viene da aggiungere, che quando si parla di “ricettario” si esce un pochino dalla mentalità e dalla cultura prettamente brianzola di un tempo, in quanto i contadini o puarètt non sapevano leggere e scrivere, fatto salvo qualche piccolissimo caso, e che quindi del ricettario non ne conoscevano nemmeno l’esistenza. Si dovevano adeguare, per mangiare, a quello che l’orto e la stalla ol’seraj metteva a loro disposizione, ben poca cosa in verità. Le loro condizioni erano rimaste pressoché immutate a quanto scritto sopra, tanta fatica e pocc daneè.
Un ricettario del 1857
Torniamo al contenuto del ricettario stavolta dell’edizione del 1857 dove l’unica ricetta col risotto: “Un risotto da par vostro” dove tra gli ingredienti troviamo: Butiro once 1 – Grassa once 1 – Cipolla 1 – Riso quartina 1 – cervellato once 2 - Zafferano.
Per quartina si intende l’unità di misura riferita al peso/quantità. Butiro è il burro, mentre per il cervellato occorre chiedere aiuto al Cherubini che nel suo vocabolario Milanese-italiano (1839) “Cervellàa. s.m. Cervellata? Composto di grascia porcina e di grascia d’arnione (rognone) di manzo, scusse affatto di carne, triturate minutissimamente, insalate e regolate d’aromi e di cacio lodigiano trito … e si vende insaccato in budelle tinte in giallo collo zafferano …” . Un’alta uscita dal seminato e piccola curiosità che si trova nel ricettario dove in una ricetta si parla di Luganica che in realtà è un insaccato a base di pesce…
Note statistiche sul Circondario di Monza del 1886
Proseguendo nel percorso librario arriviamo alle Note statistiche sul circondario di Monza del 1886, dove, tra le varie notizie riporta alla voce Riso: “La coltivazione del riso à (scritto così) nel circondario pochissima importanza … solo nel comune di Vimodrone (Brianza?) avvi una limitatissima coltivazione di riso … “, e rispetto al maiale, fonte primaria per la luganega, riporto stralcio di mio recente articolo sulla cazzuola ”… alcuni dati di alcuni paesi mettendo in relazione numero abitanti con numero maiali posseduti.
• Maccherio (scritto così) abitanti 1703/1747 - Numero maiali 12;
• Sovico abitanti 1582/1589 - Numero maiali 50;
• Biassono abitanti 2226/2269 - Numero maiali 40;
• Corezzana abitanti 510/523 - Numero maiali 3. “
Monza benefica, novembre 1896
Ultimo documento (tra quelli da me trovati) Monza benefica, novembre 1896 dove troviamo La luganega de Monscia (Apologia umoristica). Ben 4 pagine di contenuto non prettamente culinario, dal quale si può estrapolare qualche indicazione anche se l’autore “scrive per un suo ghiribizzo” … “ … Ora mi domando: per quali motivi nessuno scrittore monzese o di cose monzesi ha mai dettato una riga, una terzina, sulla Luganega…” … “carne minutamente tritata, messa con droghe in budella di majale …mangiare un piatto di luganega con una generosa fetta di polenta gialla…la salciccia è un piatto a sé. Dico, ordinariamente, perché qualcuno ne adopera in via eccezionale dei pezzi per condire un buon risotto…“ Quest’ultimo passaggio è interessante, sembra quasi una eccezione ul risott cunt la luganega. Concludo, nel potermi permettere, che in molte occasioni noi facciamo riferimento solo sulle notizie più o meno recenti, cioè quello che i nostri genitori/nonni ci hanno trasmesso quindi non in più in là dell’inizio del secolo scorso, ma quello che c’era prima, o parecchio prima, si è perso. Mi piace chiamare “memoria forte”, questa dose d’informazione acquisita. Inoltre se parliamo di risotto, come altri cibi vedi per esempio la torta paesana o turta de lacc, ognuno cucinava come gli pareva in funzione delle “materie prime”, delle abitudini; non è difficile pensare che una famiglia facesse il risotto in maniera diversa dalla famiglia che stava al confine del paese.
La Pellagra nel '700-'800
Proseguo nel ribadire che la condizione di vita dei brianzoli era veramente grama. Un’altra informazione che ci riconduce allo status dei brianzoli lo desumiamo dalla “Pellagra”, malattia causata dalla carenza di elementi basilari nell’alimentazione ed era diffusa tra le popolazioni che utilizzano la polenta come alimento principale. Tale malattia ebbe larga diffusione in Italia del nord nel periodo del settecento e ottocento. Famosa in Brianza la barzelletta: “ Cosa mangi la mattina? – Polenta, Al mezzogiorno? Polenta e alla sera? Polenta; ma com’è la tua digestione un po’ lenta…”. Dal volume di Pietro Pensa: Il furore del fitto a grano, tragedia della Brianza - Quaderni Erbesi, vol. XII, 1991 “… già nel 1811 si segnalava una grande diffusione della pellagra, male prima mai conosciuto. Ad Albese mangiavano carne solo il parroco e una famiglia di proprietari terrieri, ad Alserio quattro famiglie, ad Anzano solo il parroco”.
Anche la Coca Cola, anche se si tratta del risotto al zafferano, ha da dire la sua …
La ricetta di Angelo Cecchetti
Se si deve dare un nome, una ricetta al risotto alla brianzola e, visto che siamo in democrazia, ognuno può fare quello che più gli aggrada, magari tra cent’anni sarà la papaya l’ingrediente principale… Qui di seguito la mia ricetta di risotto alla brianzola, ripeto è la mia. Rusulà n’del butèr la scigula tajada fina fina, di bej tuchelen de panzèta quadra, tustà ul rìs e fal’andà col ven ross (barbera), dopu purtal a cotura cul brod de carna e ala fen una bela spulverada de grana. Ul risott de me pà. Mi rifiuto di tradurre per diritto di ricordo.
Il servizio integrale è pubblicato anche sul Giornale di Carate in edicola da martedì 23 aprile 2024.