Triuggio

"Un fiore reciso", il racconto nato da un incontro speciale

Scritto dallo storico Angelo Cecchetti, scritto in occasione della visita all'artista Alberto Casiraghy di Osnago.

"Un fiore reciso", il racconto nato da un incontro speciale
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L’incontro dei maestri Angelo Cecchetti di Triuggio e Alberto Casiraghy (obbligatoriamente con la y) di Osnago delle Edizioni Pulcino Elefante è stato voluto dal destino. Da quell'incontro è nato il racconto "Un fiore reciso" scritto dallo storico Angelo Cecchetti.

Chi è Alberto Casiraghy

Alberto inizia nel 1982 a stampare libri di poche righe con aforismi e, in alcuni casi, tali libri vengono accompagnati da disegni/incisioni o altre opere d’arte. Nel suo percorso ha conosciuto personaggi celebri, scrittori e artisti in genere. Torniamo all’incontro dei due personaggi che ha avuto il primo contatto nel febbraio 2024 grazie all’amico comune Paolo Pirola. Da subito si è creata un’intesa grazie a un altro comune amico che i due hanno la fortuna di conoscere da molto tempo. Grazie a ciò, Angelo e Alberto, si sono trovati o ritrovati… e non si sa il perché, come mai entrambi quando si incontrano nel salutarsi a vicenda, si chiamano Maestro... Ci sono attimi di condivisione che difficilmente si possono descrivere, a volte di una importanza tale che si rispecchiano nel sogno che il sogno stesso vuole obbligatoriamente il dormire per continuare a sognare, così la pensa Angelo. Fu così che anche Angelo su invito di Alberto, recentemente, ha scritto un libro dal titolo inequivocabile «Brianza», dove nel suo aforisma parte dalla Brianza fino all’interpretazione data all’origine del nome stesso. Alberto l’ha stampato in 16 copie, di cui 2 andranno anch’esse nel Comune di Milano che ha acquistato tutta la produzione delle edizioni create da Casiraghy, si parla di più di 11.400 libri.

"Un fiore reciso": il racconto

Accadde in un caldo giorno di luglio. Occorre andare a ritroso nel tempo per poter cercare di dare una corretta sequenza cronologica. L’Alberto e l’Angelo (che bello scrivere i nomi coll’articolo, giusto o sbagliato non importa), oramai divenuti amici, si sono rincontrati nel loro mondo di condivisione d’anime, del bel parlare e del bel sentire; questo soprattutto grazie all’artista Alberto e alla sua conoscenza diretta di persone che durante il suo percorso vitale ha avuto modo di incontrare. La sua voce condivide fatti ed eventi con la stessa forza e dolcezza che può avere un’iniezione che a volte fa male mentre in alte non fa sentire nulla, ma non per questo senza aver fatto il suo dovere di portatrice di salute. Fu così che si stampò il libretto Brianza in 16 copie, aforisma del nome Brianza e dei suoi derivati …

Il volume Brianza

Ebbene questo piccolo volume fu descritto a Marina, l’amica fantastica, che rimase coinvolta, un po’ del libro, ma soprattutto dell’aurea che
aleggia in quel di Osnago. Allo scopo mi chiede se sarebbe possibile organizzare un incontro col Casiraghy (fondamentale la y finale): mi attivo e, dopo poco, al telefono mi scrive: “Con piacere Caro Angelo … la settimana prossima quando vuoi … mi avvisi che te speci (ti aspetto)…”. Venne il giorno in cui Marina conobbe il maestro Alberto, mentre Alberto ripeteva che è l’Angelo il maestro. Entrata/i nel rifugio delle anime, dove Alberto conserva i suoi ricordi che di cuore condivide con tutti.

Nel "rifugio delle anime"

Da subito il dialogo inizia ad articolarsi per conto proprio, Alberto coinvolge Nietzche, Mahler, Scheiwiller e Alda Merini; un dialogo tra amici, non per niente tutte le volte che fa accenno a qualcuno che transiti per il suo laboratorio lo definisce Amico. Amico è forse una delle parole che quotidianamente usa di più. Si sono subito sentite le simbiosi tra i due che per la prima volta si vedono di persona. – “Ma che bello e dolce sorriso che ha Marina”, subito fa notare Alberto mettendo in risalto l’animo gentile di questa grande mamma che a sua volta ha affascinato Alberto. Il cuore gentile abbonda nella nobiltà d’animo indipendentemente della classe sociale d’appartenenza – “al cor gentil rempaira sempre amore”.

Alberto Casiraghy con Alda Merini
Alberto Casiraghy con Alda Merini

L'incontro con "Ella"

Le ore scorrevano, due in realtà, un paio d’ore nel tempo che occorre a far trascorrere dieci minuti, talmente il tempo volava. Alberto
snocciola a Marina notizie che ha vissuto e l’interesse dei racconti è sempre ai massimi livelli. Si decide di andare a bere qualcosa, ci si
incammina e nel bar in fronte alla piazza ci accomodiamo e le storie non sono finite. I racconti continuano, sensazione strana. Seduta vicino a noi, sola e solitaria, stava Ella il suo vero nome non si scrive per rispetto. Alberto ci presenta a questa signora dicendo che Marina e io siamo due poeti. Ella con leggera fatica, a causa della vista che le crea qualche difficoltà, a sentire le parole “poeti” aumenta la sua attenzione verso di noi chiedendoci a sua volta “Siete poeti?”. Rispondiamo che in realtà non lo siamo, anche se Alberto rimarca il fatto che siamo poeti. Pochi
minuti e ci congediamo da Ella che, sempre con fatica, si rigira su stessa per ritornare al muretto dove era seduta.

"Un fiore reciso"

Eccoci giunti all’attimo cruciale, dopo questa lunga introduzione, Alberto ci narra, senza entrare nello specifico, che Ella ha sofferto molto e qualche tempo addietro quando le aveva chiesto: ”Ciao Ella come stai? – Come sto? Sto come sta un fiore reciso”. Ebbene questa frase
contenente il connubio sentimento/fiore reciso ha innescato una potenza di informazioni e dubbi che mai avrei potuto pensare. Nessuno mai pensa o ha mai pensato al reale effetto nel recidere uno stelo. Già il verbo recidere dovrebbe incutere un senso di tristezza e allo scopo dal web ne riporto il significato “Troncare con un colpo netto” e in senso figurato “Interrompere in modo brusco e deciso, rompere.”

Un regalo inaspettato per Greta

A ciò si contrappone a quanto delicatamente ha fatto da l’Alberto (oltre a essere bello lo scrivere il nome con davanti l’articolo è anche importante) quando attimi prima nel suo laboratorio delle anime ha preso un piccolo libretto a fisarmonica con stampate le lettere dell’alfabeto con carattere Bodoni e col capo chino e una matita colorata di giallo predominante si è messo a scrivere una dedica a Greta figlia della mamma col dolce sorriso. Il maestro scrive una dedica ad una bimba di 8 anni… cosa dobbiamo dire? Parliamo solo … solo … della grandezza d’animo di un artista e di quanto ha del cuore.

Il dialogo tra i maestri

Ritorniamo sulla piazza dove il cielo è stato squarciato con la ferita del fiore reciso. Una serie di pensieri e di immagini per similitudine vengono subito ad affiorare nei discorsi dei maestri che ora non sono più due ma tre, anche Marina, pur non sapendolo, è portatrice di tale titolo. Sia ben chiaro l’intestazione di Maestro non vuole essere un titolo di supremazia nell’aver acquisito conoscenza e che debba essere per questo sentirsi incaricato nel trasmettere, al fine di formare, il Sapere. Detto così suona di un brutto. Maestro lo prendiamo dal nostro dialetto brianzolo, brianzuolo, brianteo, brianzolasco ecc - giusto per stare in tema sull’aforisma scritto “Brianza” precedentemente riportato – quindi lo prendiamo dalla parola Maìstèr che rappresenta il muratore esperto. Parola che deriva dal latino Magister-Maestro. Rieccoci al maestro “ad uso scolastico” ma a noi piace di più rapportarlo all’uso manuale della fatica quotidiana. Il muratore che giorno per giorno acquisisce conoscenza e la mette in pratica per cercare di fare le cose sempre più al meglio fino ad arrivare a essere per l’appunto Maìstèr,
ed essere riconosciuto per tali qualità.

Il dialetto

Il dialetto ci riporta nel laboratorio delle anime, dove Alberto rimarcava di quando sua mamma per sgridarlo lo chiamava spurcelent, facendo notare quanta potenza ci fosse in tale parola, anche Marina a sua volta ricorda la nonna che come strale lanciato usava il termine poiana. Sul significato reale e attribuito dei due termini dialettali citati, non posso che lasciare nel cassetto la volontà a coloro che a loro volta vorranno impiegare del tempo per scoprirlo.

L'ultimo atto

Dal Maìstèr, ormai quasi dimentico, sicuramente “l’evoluzione culturale” ci porta fino al Master quale titolo di perfezionamento, di alta
formazione, probabilmente molto lontano dalla molta e quadrej, e dai magütt, ma non importa, magari è giusto che sia così. Il nostro fiore reciso che ci ha aperto un mondo; che ci ha fatto notare quanto possa essere impensabile il tagliare un fiore dalla sua pianta madre, meglio sarebbe dire piantamamma, staccato dai suoi affetti, allontanato dal suo areale, scisso dal suo mondo per andare a creare bellezza, vera o falsa, da un’altra parte. Nel pieno della sua bellezza, della sua giovinezza nel fiore dei suoi anni la sua vita è stravolta. A chi importa? Dobbiamo tenere anche presente che, almeno pare, il compiere tale atto non venga fatto con cattiveria, sicuramente nella stragrande maggioranza dei casi. E’ forse una metafora? Le domande non sempre necessitano le risposte. Non sempre le domande son quelle giuste come non sempre le risposte son quelle giuste. Ritorniamo, incamminandoci lentamente per gustare più a lungo la compartecipata
presenza, al laboratorio delle anime.

Lasciare traccia...

Un altro pensiero ci accompagna pensando alla storia di Ella. Mi permetto di condividere ai due Maìstèr che ognuno nel proprio piccolo, medio o grande ha una o più storie da raccontare, da partecipare ad altri con l’unico intento di lasciare traccia. Lasciare traccia è importantissimo. Come altrettanto importantissimo il non dimenticare, sottintendendo che la sua applicazione vale in ogni campo. A ciò aggiungo anche che è palese riconoscersi nel proprio stato di persona, piccola, media e/o grande. Ogni piccolo mattone/quadrèl rende la casa grande e sicura. Ora quasi del desinare brianzolo, si deve ritornare ognuno alle proprie case per le dovute necessità. L’Alberto e la Marina si sono incontrati o forse non si erano mai allontanati. In una foto l’ultimo atto.

Un fiore reciso: il racconto di Angelo Cecchetti nato dall'incontro con Alberto Casiraghy

Perché scrivere ciò. Questo spaccato osnaghese di Brianza dipendenza. Lasciare traccia. Serve o servirà? Non so, ma anche un cucchiaino di
neve lasciato sotto il solleone ha avuto il suo discernimento, ovvero la facoltà di poter formulare un giudizio personale in piena armonia.
Parafrasando un aforisma, non attribuibile al sottoscritto, nel caso qualcuno vi dovesse chiedere se avete letto questo libro, la vostra risposta sarà: “NO non l’ho letto e inoltre non mi è piaciuto per nulla …”.

Il maestro Angelo Cecchetti

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