Il caso

Rubò per bisogno, la Cassazione annulla la sentenza

I fatti nel 2019 in un supermercato di Barlassina, dove una donna era stata fermata dai Carabinieri

Rubò per bisogno, la Cassazione annulla la sentenza
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Aveva rubato quattro pezzi di parmigiano, tre di soppressa veneta, una confezione di bastoncini di cotone e una di detersivo liquido dagli scaffali dell’Iperal di Barlassina, per un totale di 15 euro, ma era stata subito rintracciata dai carabinieri.

Rubò al supermercato, la Cassazione annulla la sentenza

Apparsa debole e malnutrita, alla donna senzatetto di origine ucraina autrice del furto, gli stessi carabinieri avevano comprato anche il pane. Era il 2019, e dopo cinque anni la Cassazione ha riaperto la vicenda giudiziaria nata da questo episodio. Prima la doppia condanna a Monza e in Appello, con il riconoscimento delle attenuanti, a quattro mesi di reclusione e cento euro di multa per tentato furto e infine la pronuncia della Suprema Corte che, nei giorni scorsi, ha annullato la sentenza chiedendo ai giudici di secondo grado di pronunciarsi di nuovo tenendo presente che il reato in questo caso può essere riconfigurato in "furto lieve per bisogno". A ripercorrere il fatto è l’agenzia Agi.

Furto lieve per bisogno

I giudici di Cassazione hanno evidenziato la circostanza che i militari avevano raccontato di avere comprato il pane alla signora, essendo a conoscenza delle sue gravi difficoltà economiche. I giudici spiegano che "il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave e urgente bisogno; ne consegue che, per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave e indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi, se non sottraendo la cosa".

Grave stato di malnutrizione e debolezza

E in questo caso, per la Suprema Corte, ricorrono tali presupposti perché "la ricorrente ha allegato elementi dai quali risulta il grave stato di malnutrizione ed estrema debolezza tali da poter essere valutati come situazione di indilazionabile bisogno di provvedere a nutrirsi" come testimoniato dalla cassiera e dagli stessi carabinieri. La Corte d’Appello di Milano, invece, aveva sostenuto che la donna avrebbe potuto rivolgersi ad enti di sussistenza.

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