un anno fa l'omicidio

Uccise la cognata, condannato a 23 anni Giuseppe Caputo

I giudici della Corte d’assise di Monza hanno stabilito un risarcimento per oltre 800mila euro a favore dei familiari della vittima e disposto  5 anni di custodia in una struttura psichiatrica

Uccise la cognata, condannato a 23 anni Giuseppe Caputo

Uccise la cognata, condannato a 23 anni Giuseppe Caputo. I giudici della Corte d’assise di Monza hanno stabilito un risarcimento per oltre 800mila euro a favore dei familiari della vittima e disposto  5 anni di custodia in una struttura psichiatrica

La condanna

Condanna a 23 anni di reclusione per Giuseppe Caputo, il 62enne che, un anno fa, ha ucciso in pieno giorno la cognata Giovanna Chinnici, 63 anni, intervenuta per difendere dalla coltellate sua figlia Greta, aggredita sulle scale comuni della casa divisa tra tre sorelle con le rispettive famiglie, in via Magellano, a Nova Milanese.

Risarcimento per oltre 800mila euro

Lo hanno deciso i giudici della Corte d’assise di Monza, presieduta da Stefania Donadeo. La corte ha escluso l’aggravante della premeditazione, ha stabilito risarcimenti provvisionali per oltre 800mila euro a favore dei familiari della vittima, e ha disposto 5 anni di custodia in una struttura psichiatrica e 3 anni di libertà vigilata una volta scontata la pena.

Riconosciuta la seminfermità mentale

La perizia disposta dal tribunale ha stabilito la seminfermità, e non la totale incapacità di intendere e volere come aveva concluso una prima consulenza della procura. La nuova perizia era stata chiesta dai familiari della vittima, attraverso i loro legali, e ha certificato un disturbo delirante di tipo persecutorio, ma comunque con un margine di capacità di determinare le sue azioni.

I deliri e il divieto di dimora della moglie

I deliri di Caputo nascono in relazione alle sue convinzioni di essere stato costretto dai vicini di casa (e anche suoi familiari) a vivere al freddo, al punto da provocare la malattia della moglie (che è anche sorella della vittima). L’idea che i parenti, dopo aver effettuato lavori sull’impianto di condizionamento dell’aria, avessero fatto in modo di indirizzare un getto di aria fredda a casa loro si è rivelata totalmente infondata, tanto che i carabinieri hanno eseguito anche il divieto di dimora della moglie dell’imputato, per evitare che la situazione fra inquilini precipitasse nuovamente.