«L’impianto di Lentate sul Seveso non è a norma, sono state riscontrate inadeguatezze tecnico-amministrative relative alla sicurezza. Pertanto siamo costretti a chiuderlo». E’ piovuta come una doccia fredda la notizia della chiusura della piscina di via Alessandro Manzoni, da circa cinque anni gestita dalla storica società Como Nuoto. L’impianto natatorio, che fa parte del centro sportivo Alte Groane (la cui struttura comprende anche campi da tennis e un bar) è off-limits ormai da diverse settimane e al momento non si sa se e quando riaprirà.
Piscina chiusa “per ragioni di sicurezza”
Dalla fine di ottobre ai giorni scorsi, agli sportivi che praticano agonismo, ai corsisti e a chi frequenta la piscina per il nuoto libero era stato comunicato che la chiusura era dovuta a problemi tecnici. Ma si pensava che in breve tempo sarebbero stati risolti e invece martedì 11 novembre agli atleti e ai genitori è arrivata una comunicazione della Como Nuoto che annunciava la chiusura dell’impianto «nel rispetto della normativa vigente e soprattutto della sicurezza dei nostri atleti e di tutte le persone coinvolte nelle attività».
Riunione infuocata tra gestori e genitori
E’ stato precisato che «tale situazione non attiene alle condizioni igienico-sanitarie e non è imputabile a Como Nuoto, che quale gestore non ha alcun potere sulla manutenzione straordinaria e sulla messa a norma della struttura, che competono, invece, alla proprietà». Per discutere della questione è stato convocato un incontro per mercoledì sera, nella sede di via Manzoni, alla presenza del presidente di Como Nuoto, Bruno Galati, e di una sessantina di soci. Stando a quanto abbiamo potuto apprendere, l’atmosfera si è ben presto scaldata e non sono mancati confronti molto accesi e momenti di tensione.
“Mancano delle certificazioni”
«A luglio si è insediato il nuovo consiglio della Como Nuoto, che ha voluto effettuare un controllo generale sui due siti, quello di Como e quello di Lentate – ha esordito Galati, ripercorrendo l’iter che ha portato alla decisione, ritenuta sofferta e non ulteriormente prorogabile – E’ stato contattato un responsabile della sicurezza che a seguito delle verifiche ha riscontrato che per l’impianto lentatese mancavano il certificato della prevenzione incendi e quello sulla conformità delle vetrate. La mancanza di questa documentazione ci espone a conseguenze penali e civili ingenti se dovessero succedere incidenti, dato che le polizze assicurative non li coprirebbero».
Il confronto con la proprietà della piscina
Il presidente ha assicurato che c’è stato un confronto serrato con la proprietà Alte Groane:
«Abbiamo chiesto i documenti, ce ne sono stati mandati alcuni, ma non quelli richiesti». Ha negato che la chiusura sia dovuta a motivi igienico-sanitari: «Nei giorni scorsi, a seguito dell’esposto di un genitore, l’Ats è venuta a fare dei controlli, ma ha solo fatto delle prescrizioni sulla vaschetta lava-piedi e in merito alla pulizia».
Non sarebbero mancati nemmeno tentativi di accordo con la proprietà per cercare di portare avanti gli allenamenti e le attività almeno fino alla fine della stagione, ma evidentemente non sono andati a buon fine.
L’alternativa di recarsi alle piscine di Cesano Maderno o Villa Guardia
«Comprendiamo il disagio e la frustrazione degli atleti e dei genitori, ma non possiamo tenere aperto un impianto non sicuro – ha ribadito Galati – E stiamo cercando soluzioni alternative, appoggiandoci ad altre strutture, come quella di Cesano Maderno e di Villa Guardia».
Genitori arrabbiati
Immediate le reazioni dei genitori: alcuni hanno richiesto di vedere la documentazione, altri hanno insinuato che la chiusura fosse una scusa per «nascondere le difficoltà di gestione dell’impianto», che da tempo non navigherebbe in buone acque, altri ancora hanno attaccato la società accusandola di essersi intascata le quote di iscrizione «pur sapendo che la situazione era questa». C’è chi ha chiesto il modulo per il rimborso e la Como Nuoto ha dato il nulla osta per rivolgersi ad altre società sportive. Tanta amarezza da parte degli allenatori: «Cinque anni di lavoro buttati via».
La proprietà della piscina si difende
Un rappresentante della proprietà, documenti alla mano, è intervenuto all’incontro dopo essere stato chiamato da un genitore e si è difeso: «Questa piscina c’è dal 1974, se non fosse stata sicura non l’avremmo tenuta aperta. Non vogliamo chiudere la vasca dopo 50 anni». E ha fatto riferimento a un intervento dei Vigili del Fuoco, che avrebbero dato indicazioni solo sul bar-ristorante (prontamente ottemperate), ma non sulla piscina. «La situazione è poco limpida, alcuni aspetti non sono chiari – hanno commentato alcuni genitori – Ma intanto i nostri ragazzi sono rimasti a piedi». Il Giornale di Seregno ha contattato la proprietà e il gestore, ma al momento non ha ricevuto risposta.