Sanità e salute

Batteri più forti degli antibiotici

Luminari dell’immunologia riuniti a Milano per fare il punto della situazione sulla sanità post-pandemia

Batteri più forti degli antibiotici
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La crisi climatica che ha portato in Europa malattie tropicali assenti fino a pochi anni fa. L’«eredità» del Covid e l’importanza della quinta dose (rimodulata sulle varianti ora dominanti), in particolar modo per i più fragili. Con un focus su quella che sarà l’emergenza dei prossimi decenni, ovvero l’antibiotico-resistenza che vede l’Italia tra i paesi europei a maggiore incidenza di casi che si rivelano mortali.

Batteri più forti degli antibiotici

Sono le principali tematiche affrontate in occasione della seconda edizione del congresso scientifico Acta Reboot, che si è tenuto giovedì scorso a Milano e che è stato presieduto da tre luminari della ricerca, l’infettivologo Paolo Bonfanti, direttore della Struttura Complessa di Malattie Infettive dell’Irccs San Gerardo di Monza, nonché professore in Bicocca, Andrea Gori, direttore dell’Unità di Malattie Infettive al Sacco di Milano e Giuliano Rizzardini, direttore del Reparto Malattie Infettive, anch’esso dell’ospedale Sacco.

La resistenza agli antibiotici

La prossima, urgente, sfida che la scienza si trova ad affrontare è legata alla resistenza sviluppata dai batteri nei confronti degli antibiotici in commercio. «Sono tra i farmaci più utilizzati in termini assoluti e indubbiamente hanno cambiato la storia dell’umanità - ha precisato il professor Paolo Bonfanti - Si pensi solo che nel 1850 l’aspettativa di vita media si aggirava intorno ai trent’anni e c’era una mortalità infantile elevatissima. Oggi non è certamente più così».
Ciò che è avvenuto, però, è che i microrganismi, sotto la pressione degli antibiotici, sono diventati resistenti «e quindi gli stessi farmaci che usavamo anni fa, oggi non sono più efficaci». Il loro impiego continuo ha aumentato la selezione, favorendo l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti.

Il problema è rappresentato dal fatto che «l’Italia è un paese in cui questi microrganismi resistenti sono molto diffusi - ha osservato - Sotto questo punto di vista siamo tra i peggiori in Europa. Gli antibiotici sono un bene da preservare, ma vanno utilizzati bene. E questo vale prima di tutto per i medici che devono rimparare come si somministrano correttamente e poi per la popolazione stessa che deve capire che l’automedicazione non va fatta. Se sale la febbre non si deve prendere l’antibiotico in autonomia, è sempre necessaria la prescrizione medica perché si rischia di assumere un antibiotico per un’infezione virale che non si cura con essi». Manca, spiega ancora il professore, la percezione della gravità della situazione.

«Si pensi che lo scorso anno in Europa sono morte 30mila persone per cause legate a microrganismi multiresistenti, di cui 10mila sono in Italia». Ora un piano nazionale per il contrasto alla antibiotico-resistenza è stato messo a punto, «ma per molto tempo purtroppo non è stato così. Nelle università non si insegnava come usarli correttamente. Ora se ne parla, ma c’è ancora molto da fare». Dall’altro lato, «si è diffusa anche una cultura tra le persone secondo la quale l’antibiotico è un po’ un medicinale da banco, da prendere quando si ha la febbre, con la stessa facilità con cui si fa uso della tachipirina. Sarebbe opportuno sensibilizzare la popolazione anche sotto questo aspetto».

Le malattie tropicali

Medici e infettivologi non devono fare i conti «solo» con i batteri resistenti ai farmaci sinora sviluppati. Un’altra sfida che attende gli addetti ai lavori è quella dell’arrivo in Europa di virus tropicali, portati sì dallo spostamento delle persone da un continente all’altro, ma anche dal clima che sta cambiando. E le conseguenze possono essere gravi. Basti pensare, ad esempio, alla diffusione in Brianza delle infezioni da West Nile (col caso a Seregno di un uomo che, al momento del decesso, aveva la Febbre del Nilo).

«Siamo nel mezzo di una fase storica particolare - ha osservato il direttore Bonfanti - Viviamo in un mondo globale. Un virus che era in Cina nei pipistrelli è passato all’uomo e nel giro di pochissime settimane ha causato una pandemia. Questo potrebbe riaccadere e dobbiamo essere pronti con dei sistemi di sorveglianza e facendo in modo che i nostri sistemi sanitari siano preparati». C’è poi il tema del cambiamento climatico «che incide sull’arrivo di insetti che prima nel nostro paese non c’erano - ha precisato - Come la zanzara tigre che trasmette malattie tropicali che prima in Italia non esistevano». La febbre dengue, ad esempio, causata da quattro virus molto simili, viene trasmessa agli esseri umani dalle punture di zanzare che hanno, a loro volta, punto una persona infetta. «Quest’estate nel lodigiano ci sono stati oltre venti casi di persone che si sono ammalate di dengue anche se non avevano viaggiato proprio perché le zanzare sono diventate veicolo di questa malattia».

Il punto sul Covid

Passata la fase emergenziale, il Covid rimane una malattia cui si deve far fronte.

«Attualmente abbiamo ricoverate al San Gerardo circa una trentina di persone positive - ha spiegato il professor Bonfanti - Con un grosso distinguo. Ci sono persone ammalate di Covid, che hanno una polmonite, e che vengono ricoverate nel reparto o di Malattie infettive o di Pneumologia, non ci sono più reparti Covid. Ci sono poi persone che scoprono di essere positive “accidentalmente” e quindi vengono poi ricoverate nei reparti di pertinenza, ovviamente isolate».

Nelle ultime settimane si è registrato un aumento dei casi, «ma è un incremento che ci attendevamo, visto l’arrivo della stagione autunnale. La variante attualmente predominante è quella denominata Pirola, ma secondo me non è poi così importante inseguire e dare nomi alle varianti. Ormai da più di un anno se ne susseguono, ma senza provocare forme più gravi. E’ fisiologico che il virus muti. Ovvio che il discorso cambierebbe qualora comparisse una variante pericolosa». Il Covid rimane comunque una malattia rischiosa per i pazienti più fragili. Il nuovo siero col quale si è approntata la campagna vaccinale per la stagione in corso è stato “disegnato” a partire da una delle ultime varianti proprio «perché il nostro sistema immunitario vi si deve abituare. L’emergenza è passata, ma non si deve sottovalutare il virus».

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