Caso Ilaria Salis, dalle minacce alla speranza dei domiciliari

Il papà domani si recherà ancora in Ungheria per vedere la figlia in carcere. Intanto le trattative diplomatiche proseguono e il Consiglio comunale di Monza ha varato una mozione unanime.

Caso Ilaria Salis, dalle minacce alla speranza dei domiciliari
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Sui muri ungheresi sono arrivate le minacce di morte dirette ad Ilaria Salis, ma non hanno stupito la famiglia. La speranza ora è di riuscire a ottenere i domiciliari lì per poi trasferire la maestra monzese 39enne detenuta a Budapest in Italia. Papà Roberto, in partenza per la capitale magiara dove domani, mercoledì 21 febbraio 2024, farà visita alla figlia in carcere si è detto speranzoso di non doverci più tornare.

Ilaria Salis minacciata

E ora sui muri di quelle strade di Budapest dove dieci giorni fa è riandata in scena la manifestazione che commemora il giorno dell’onore (la stessa dove un anno fa scoppiarono i tafferugli per cui è accusata la maestra monzese), è apparsa la figura stilizzata della Salis con un cappio. L’immagine richiama l’opera apparsa a fine gennaio a Roma, a pochi passi dall’Ambasciata ungherese, per mano della street artist Laika che ritrae invece l’attivista antifascista 39enne, che spezza le catene. Sul suo vestito la scritta: «Ila resisti». A Budapest il disegno viene copiato ma capovolto completamente nel significato per diventare una chiara minaccia: c’è il patibolo, c’è il nodo al collo e sul corpo la scritta «Ila Antifa».
«A un anno dall'arresto di Ilaria non è cambiato nulla: ancora 4000 nazisti sono stati a Budapest a celebrare una ricorrenza nazista l’11 febbraio. In Italia, in Germania e in tutte le nazioni europee sarebbe considerata apologia di nazismo o fascismo. In Ungheria invece è tollerato e Mi Hazanc, il terzo partito ungherese presenta una proposta per mettere fuorilegge tutte le associazioni antifasciste», spiega Roberto Salis.

Le trattative diplomatiche

Quello della giovane italiana, insomma, è un caso politico, ma la battaglia del papà non perde di vigore dopo le brutte notizie arrivate due settimane fa a termine del corteo che si è svolto a Monza per chiedere la liberazione di Salis.
Nei giorni scorsi Roberto è intervenuto telefonicamente anche a un altro corteo, simile a quello monzese, che si è svolto a Roma, sempre per richiedere un intervento governativo a favore della maestra per farle ottenere almeno i domiciliari. Alla fiaccolata a in largo Argentina organizzato da alcune associazioni, ha partecipato anche il presidente dell'Anpi, Gianfranco Pagliarulo, assieme ai deputati di Avs Angelo Bonelli, del Pd Andrea Orlando, del M5s Riccardo Ricciardi.
Raggiunto telefonicamente da Primamonza.it Salis ha spiegato: «Stiamo lavorando per chiedere i domiciliari in Ungheria. Per farlo c’è bisogno di avere una casa, dobbiamo mettere a posto la logistica e poi si vedrà. Contiamo sulle rassicurazioni che ci hanno dato che non ci saranno problematiche di sicurezza. Purtroppo però per il diritto ungherese un giorno ai domiciliari vale come un quinto passato in carcere», ha detto.

L'intervento del Governo

Nel frattempo il Governo italiano ha chiesto «un processo equo e rapido». Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Il Tribunale di Budapest ha anticipato al 28 marzo l'udienza che era prevista per il 24 maggio, uno sviluppo che indica la volontà di accelerare i tempi del procedimento come richiesto fortemente dall'Italia. Sabato scorso ho chiesto al nostro ambasciatore in Ungheria di verificare i fatti relativi alla comparsa di un murales che raffigura Ilaria Salis impiccata, l'ambasciatore ha confermato alle autorità ungheresi che la priorità della tutela della sicurezza di Salis riveste per il governo. Salis ha confermato all'ambasciatore un netto miglioramento delle condizioni detentive, risultati ottenuti lavorando con discrezione e gradualità, evitando polemiche e forzature». Non solo, secondo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio la richiesta dei domiciliari in Ungheria, faciliterbbe poi la richiesta di scontarli in Italia. «Una volta ottenuti i domiciliari in Ungheria può scattare la norma di un accordo internazionale che consente la richiesta che siano scontati in Italia», ha spiegato. E ancora Nordio: «Abbiamo spiegato alla famiglia Salis che chiedere i domiciliari in Italia al giudice ungherese era un passo giuridicamente sbagliato, perché la legge non lo consente. Purtroppo hanno perso un anno – ha sottolineato – E’ un grande risultato che abbiano deciso di chiederli, sarebbe un grande risultato se giudice li concedesse».

Cauto ottimismo

Dopo questi spiragli papà Salis è cauto ma ottimista: «Sento il fermento, qualcosa si sta muovendo, noi comunque siamo preoccupati. Io capisco il lavoro di chi lo fa a livello diplomatico e non possono chiaramente renderci conto minuto per minuto dei progressi e dei tentativi che stano facendo, ma per noi sono momenti molti difficili. Oggi aspettavamo qualcosa in più però capiamo che ci sia da attendere».

Intanto, domani, mercoledì, Salis sarà in carcere a trovare Ilaria. Così ha commentato su Facebook:

«Domani partiamo per la visita al carcere dove è detenuta Ilaria, che fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale era usato dalla Gestapo per la detenzione dei prigionieri politici. Io onestamente dopo questa visita non ci terrei tanto a ritornare in questo luogo!».

Il consiglio comunale e la mozione

Intanto ieri, lunedì  19 febbraio  2024  il Consiglio comunale di Monza dopo una discussione e  un paio di sospensioni, ha votato all’unanimità una mozione per chiedere di sollecitare il Governo a intervenire nei confronti dell’esecutivo ungherese perché  Salis possa trascorrere la custodia cautelare nel nostro Paese e partecipare in videoconferenza alle prossime udienze del processo.

La mozione del Centrosinistra era stata presentata dal consigliere Lorenzo Gentile pochi giorni prima del corteo organizzato a Monza proprio per chiedere il rilascio di Salis.

Il Centrodestra ha chiesto alcune aggiunte, tra cui la possibilità in caso non fosse possibile il trasferimento in Italia che venga garantito alla nostra concittadina un «trattamento carcerario nel pieno rispetto dei diritti umani».

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