Cazzuola, Posciandra e altro...
Lo storico di Triuggio, Angelo Cecchetti, ci propone una curiosa chiacchierata sulla cassöeula e non solo.
"Visto che siamo nel periodo giusto, mi è venuta l'acquolina di scrivere qualcosa. Chiaro che non vuole essere un trattato storico né tantomeno culinario, ma vuole essere solo una chiacchierata tra amici su questa pietanza, la cazzuola, che viene definita come piatto della tradizione brianzola".
Cazzuola, piatto della tradizione brianzola
Lo storico di Triuggio, Angelo Cecchetti, ci racconta aneddoti e curiosità di un piatto tipo della tradizione brianzola come la cazzuola. "Dal punto di vista della paciadüra basta andare su internet e si trova il mondo. Rimane più complicato trovare una fonte certa su quando e su come sia nata la nostra cazzœla. Abbiamo a tal proposito solo la memoria che ci può venire in aiuto, ma tenendo ben presente che, la nostra memoria è forte solo se riferita al nostro passato recente, cioè quanto vissuto dai padri o dai nonni quindi a partire dalla prima parte del XX° secolo in poi. Quello che avrebbe potuto esserci stato prima è tutto da ricostruire o quanto meno cercare di ricostruire verosimilmente".
Cosa prevede la cazzuola?
"Grazie a questa memoria forte possiamo dire che l'attuale cazzœla/cassòla prevede: Verze, costine, cotenne (cudic), salamini (salamen vert), e non sempre, grazie al colesterolo..., si trova la presenza della parte finale della zampa (pesciò), parte del muso (musonscell), e più raramente il garretto (gerètt - polpa della gamba che va a congiungersi col calcagno), le orecchie (gl’urecc) e il codino (cuèn). A corollare il tutto un bel piatt de pulenta. Poi sulle diverse varianti di contenuto e sui modi di cottura lascio ai cuochi e agli estimatori il pensar a dirimere la vexata quaestio. Ora è d'obbligo parlare del maiale (ul purcell)".
Il sacrificio del maiale
"Il sacrificio del maiale avveniva nel periodo invernale secondo un rituale in cui tutti gli abitanti della cascina, compresi gli adolescenti, venivano coinvolti. L’animale veniva sacrificato all’alba, possibilmente quando la luna era calante, affinché la stagionatura delle carni avvenisse nella successiva fase di luna crescente. In assenza di frigoriferi, le basse temperature invernali aiutavano a conservare la carne appena lavorata dal norcé (il norcino è il macellaio di soli suini; nella bassa Brianza tale termine è abbastanza sconosciuto si usava il più noto macelar al quale, in molte occasioni, si pagava con parte del maiale il lavoro fatto). Anche qui occorre fermarci un attimo, l'uso del termine sacrificato non è del tutto errato in quanto, anche in questo caso, non si hanno fonti certe, e sommariamente possiamo tentare di descrivere questa tradizione che inevitabilmente descrive un sacrificio sanguinoso dal quale dipendeva l'approvvigionamento di cibo almeno per un anno. In alcune testimonianze si parlava addirittura di festa alla quale erano coinvolti parenti e vicini e allo scopo, per esempio, mia mamma raccontava che durante l'uccisione veniva distribuita agli abitanti della cascina una scodella di sangue, che per molti era quasi una manna".
Era come una festa
"Si può anche pensare che fino all'inizio del 1900 non è che tutte le famiglie brianzole allevassero il maiale, che era appunto appannaggio solo di pochi, in quanto la povertà era di casa e l'alimentazione principale era la polenta, qualche uova e verdura dell'orto, qualche piccolo animale da cortile galline, conigli eccetera, ma molto molto raramente e probabilmente solo per le ricorrenze. Pensiamo inoltre a quanto sia il costo per il mantenimento del maiale, non paragonabile ad allevare un pollo; e inoltre occorreva l'ambiente idoneo, vista la forza dell'animale stesso. In forma residuale, ma molto sporadica quasi assente e visto che del maiale non si buttava nulla, mi si raccontava, forse come tradizione proveniente da altra regione che le ossa venivano messe in cassette di legno sotto sale, per la conservazione, e che sarebbero state usate in seguito per la produzione di brodo".
Come si scrive cazzuola?
"Stiamo parlando di cazzuola da un po’ … ed essendo “piatto tipico della Brianza”, ancor oggi, però, non si ha certezza assoluta di come si scriva in dialetto: casoeüla, cassòla, cassöla e cazzœla e altri modi e inoltre si può anche ipotizzare, anche qui non v'è certezza, che il nome derivi da casseruola, quindi il contenitore dove veniva cotta. Alcune curiosità abbiamo la fortuna di estrapolarle dal volume stampato a Como, che talmente curioso e importante che lo riporto per intero UNA CAZZOLETTA BEN FATTA ELLA E’ PER BUON PASTO di Antonio Odescalchi Il cuoco senza pretese ossia la cucina facile ed economica anno di stampa 1826".
La ricetta
“Mettete del butiro (burro) in cazzaruola capace a dileguare, e quando sia a mezza cottura, vi unirete una cipolletta ben trita con un pizzico di pepe, e drogheria. Fatele prendere il color d’oro ma non troppo, indi aggiungetevi fegati di pollo, zampe, cuori, cipolle di pollo (la “scigùla del pulaster” è lo stomaco del pollo), colli, una gamba di vitello fatta a pezzi, cotica di porco pure tagliata a quadretti, costole porcine, che farete tutto questo unire al fornello, salato che sia, per qualche minuto. Ciò fatto aggiungetevi del brodo ma nella dose che basti per non farlo attaccare al fondo della cazzaruola, ed a due terzi di cottura unitevi selleri (sedani), porri, carote tagliate a fette; e così lasciate che cucini lentamente tutta questa roba. Ma le verze direte voi a che devono servire, che pur esse formano la parte essenziale di questo cibo? Le verze allorché saranno allestite, quando sia la cassuola a tre quarti di cottura, eccovi il tempo a proposito di accompagnarle al resto con una dose di salsiccia (luganica), e terminare così onorevolmente la cottura. Eccovi la cazzuola fatta e buona. N.B. Se di magro con anguilla, polpe di rane, code di gamberi, salsiccia di pesce e brodo analogo, colla diversità che farete arrostire per primo le carote col sellero e porri, ed a mezza cottura vi unirete l’anguilla colle verze”.
Alcune curiosità
"Già si può intravedere una proto ricetta, che sovrasta di ben oltre la nostra memoria forte, sono circa 200 gli anni che dividono la cazzuola ancora in culla (incunabula) a come la conosciamo oggi. Vediamo le curiosità: esisteva pure una “salsiccia di pesce” e sapendo che a Como c'è il lago, si parla di cazzuola di magro col pesce dandoci così un'ulteriore informazione che per cazzuola si intendeva e si intende una specie di minestrone non troppo brodoso con quello che si poteva avere a disposizione carne, pesce e verdura. Da quest'ultima supposizione possiamo sicuramente aprire il fronte su un campo più ampio e cioè che il maiale, come il cinghiale del resto, popolava la savana/giungla brianzola … come ci confermano i Santi Aimo e Vermondo che nell’VIII secolo, così narra la leggenda, mentre erano a caccia nei boschi di Meda furono assaliti da un branco di cinghiali facendoli fuggire su un albero ecc. ecc come ben illustrato dalla incisione del 1629.
Uno sguardo alle altre Regioni
"Non solo in Brianza o in Lombardia ci si accomodava intorno alla cazzuola, scorrendo sul web vediamo che nella tradizione tedesca si trova, per esempio, un piatto chiamato "Kasseler", maiale con cavolo di verza. In Campania si ha una ricetta abbullit' d'porc, bollito di maiale con tagli meno importanti e la verza. In Sardegna troviamo la cassola fatta col pesce. Fino ad ora abbiamo incentrato il discorso per la maggior
parte solo sui ricordi, abbiamo però un altro documento che ci fornisce informazioni in merito. NOTE STATISTICHE SUL CIRCONDARIO DI MONZA del 1886 da cui estrapoliamo alcuni dati di alcuni paesi mettendo in relazione numero abitanti con numero maiali posseduti.
- Maccherio (scritto così) abitanti 1703/1747 - Numero maiali 12;
- Sovico abitanti 1582/1589 - Numero maiali 50;
- Biassono abitanti 2226/2269 - Numero maiali 40;
- Corezzana abitanti 510/523 - Numero maiali 3.
"Questo ci riallaccia a quanto scritto all'inizio, che non tutti i puarètt possedevano il maiale ed allo scopo mi sovviene il citare anche il testo di Cornaggia Giovanni del 1892 dal titolo IL CONTADINO COL POLLO NELLA PENTOLA.... ossia L'APOTEOSI DELL'AGRICOLTURA ASCIUTTA NELL'ALTOPIANO MILANESE. Onor del vero già il titolo fotografa bene come fosse la situazione dei contadini (por crest) che non sempre potevano permettersi il pollo, figuriamoci ul purcèll..."
E la Posciandra?
"Abbiamo fatto un quadro generale che può essere ancora implementato, ma per ora torniamo a quanto riportato nel titolo Posciandra, cosa sarà mai? Il sacro testo Vocabolario Milanese di Francesco Cherubini riporta “Posciàndera o Posciandra: Cibreo (Il cibreo è un intingolo semplice) - Oglia podrida (antico piatto spagnolo tipo minestra/contenitore; oglia = olla ) e rimanda a “vedi cazzœùra” dove il Cherubini riporta Manicaretto fatto per lo più di colli, curatelli di polli (la coratella comprende solitamente cuore, fegato e polmoni). Il Pietro Monti nel suo Dialetti della città e diocesi di Como - 1843 riporta alla voce Cazoèula: Camangiare (mangiare con) di cavoli, sedano, pezzi di salciccia, polli, carni".
La cazzuola si chiama anche Bottaggio
"Non ci fermiamo e proseguiamo nella ricerca: altra novità troviamo che la cazzuola si chiama o si chiamava anche Bottaggio. Con buona probabilità deriva dal francese Potage, manicaretto con brodo e che poi per assonanza fonetica diviene appunto bottaggio che nel milanese si definisce una specie di umido o cibreo (visto sopra) dove si usano pezzi pollo o carne suina, cotiche e cavoli. Oppure potrebbe derivare, sempre dal francese, da Poterie, vasellame/pentolame e anche qui troviamo un contenitore per cuocere come la casseruola anzidetta. Da queste informazioni possiamo dedurre che ad oggi la parola che ha il sopravvento sulle altre è sicuramente Cazzuola".
La cazzuola con l'oca
"Possiamo concludere qui? No di certo aggiungo la cazzuola con l'oca, chiamata il maiale a due zampe (ul purcèll cunt dù sciamp). Nuovamente è maggiormente verosimile che l'oca potesse essere a disposizione di un numero di persone più ampio e quindi come succedaneo del maiale andasse bene per la cazzuola. 30 anni fa mi ricordo che "da Mafalda", vicino a Casatenovo mi pare, era nota per la sua cazzuola coll'oca, e in più grazie all'amìs Luigi Perego mi ha fatto conoscere una ricetta tratta da "Vecchia Brianza in cucina di
Ottorina Perna Bozzi del 1968" dove riporta una ricetta "ascoltata" in Cremnago: la cazzoeùla di oca e di anitra. Un'altra connessione possiamo trovarla nel come si scrive casseruola in alcune lingue a noi vicine: Cazuela in spagnolo; Kasserolle in tedesco; Casserole sia in francese che in inglese".
Il punto di vista del maiale
"Di tutta questa disgressione ci siamo dimenticati il punto di vista del maiale … ben espresso dal dipinto, di cui non ne conosco provenienza, dove appunto il maiale esprime il suo concetto ben chiaro ed esaustivo …