Arcore

Dalla malattia ai Mondiali di sci per trapiantati, la bellissima storia di due fratelli imprenditori

La toccante testimonianza dei fratelli Andrea e Roberto Remonti: nei giorni scorsi hanno partecipato ai campionati mondiali di Bormio riuscendo a vincere due medaglie

Dalla malattia ai Mondiali di sci per trapiantati, la bellissima storia di due fratelli imprenditori
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Dalla malattia alla rinascita: due fratelli di Arcore uniti dal legame di sangue, dalla passione per gli sci e, soprattutto, da un gesto d’amore che li ha legati indissolubilmente ancor di più: la donazione del midollo osseo da parte di Roberto Remonti, 58 anni, che ha salvato la vita al fratello Andrea Remonti, 53 anni.

Il coraggio

Una bellissima storia di guarigione dalla leucemia che la scorsa settimana si è arricchita di un nuovo capitolo: infatti i due fratelli, a capo dell’azienda di famiglia (la «S.L.A.M.P.» società Lombarda Applicazioni Materia Plastiche tra le principali aziende per lo stampaggio di materie plastiche e fondata nel 1976) che si trova in via Belvedere, nella zona industriale di Cascina del Bruno, ad Arcore, hanno partecipato ai Mondiali di Sci per trapiantanti sulle piste di Bormio.

Una competizione che ha visto gareggiare oltre 200 atleti, trapiantati di organi solidi e di midollo osseo e donatori viventi, provenienti da 21 Paesi in tutto il mondo, dall’Australia agli Stati Uniti, dal Canada fino alla Finlandia.

Un bottino di tutto rispetto

I fratelli Remonti sono riusciti a portarsi a casa un bottino di tutto rispetto soprattutto grazie a Roberto, il più bravo con gli sci ai piedi, che è riuscito a conquistare una medaglia d’argento nello Slalom Speciale e quella di bronzo nel SuperG (oltre al quarto posto nel Parallelo e nel Gigante).

"Abbiamo inaugurato quella che sarà la pista che verrà utilizzata durante le Olimpiadi del 2026 - ha raccontato Andrea che da anni gioca a calcio nella Mitica, la squadra dei ragazzi guariti dalla leucemia - L’importante era arrivare a casa sani e salvi. Scherzi a parte io non ottenuto risultati eclatanti mentre mio fratello è stato veramente bravo. Ci siamo divertiti tanto e, sopratutto, abbiamo incontrato molti atleti con i quali abbiamo condiviso il nostro percorso".

Per Andrea e Roberto raccontare la loro esperienza e mostrare senza reticenze tutti gli aspetti del trapianto (donatore e ricevente) è diventata quasi una una missione.

Una diagnosi spietata: leucemia

"Per spiegare tutta la vicenda dobbiamo riavvolgere il nastro e ritornare a quel 21 maggio del 2010 - ha raccontato Andrea ancora con gli occhi lucidi - Ricordo quel giorno come se fosse ieri, soprattutto per il fatto che era anche il compleanno di mio fratello Roberto. Avevo portato mia figlia Beatrice dal dermatologo e già che ero lì avevo approfittato del medico per fargli vedere dei lividi che avevo sulle braccia. Mi sentivo molto stanco da alcune settimane e il dottore mi consigliò di fare subito degli esami del sangue".

Esiti pesanti come macigni: valori sballati e globuli bianchi alle stelle che significavano solo una cosa: leucemia.

"La botta è stata terribile sopratutto a livello psicologico - Ero nel pieno del mio lavoro, un’azienda da portare avanti, una splendida famiglia con due figli piccoli e il mondo che ti crolla addosso. Proprio in loro ho trovato la forza di non mollare". A quel punto l’unica soluzione era il trapianto. "Fortunatamente mio fratello era compatibile con il mio midollo e abbiamo subito proceduto con la donazione", ha aggiunto Andrea.

"Non potevo dire di no a mio fratello"

"Per me è stato molto naturale dire di sì alla richiesta di mio fratello, c’era bisogno e non ho avuto dubbi anche se non sapevo a cosa sarei andato incontro – ha aggiunto il fratello Roberto - Era il giorno del mio compleanno e, ironicamente, posso dire che mi ha fatto davvero un bel regalo. La possibilità di essere compatibile con chi ha bisogno è una su 100mila e se hai la fortuna di essere tu allora capisci che salvare una vita a qualcuno è una cosa incredibile".

La malattia si ripresenta

Un trapianto che, però, non è andato come tutti speravano e così un anno dopo, esattamente nel maggio del 2011 la malattia è ritornata a bussare.

"Il midollo di mio fratello non aveva fatto effetto e sono ripiombato nell’incubo - ha continuato Andrea - Mi sono sottoposto a cure sperimentali che anche in questo caso mi hanno fatto stare bene per un anno, fino a maggio del 2012. Una nuova guarigione e poi ancora una recidiva. «Sono tornato in ospedale, ma a Monza mi dissero che non potevano fare più nulla, insomma mi hanno fatto capire che non potevano “sprecare“ un nuovo trapianto dopo un primo rigetto». A quel punto a salvare la vita del 53enne è stata una dottoressa. «Mi scrisse testuali parole in una mail: “Andrea, se vuoi rischiare di guarire, vai via di qua” e così ho fatto - ha aggiunto l’imprenditore - Dopo aver girato molti ospedali mi sono affidato alle cure del San Raffaele di Milano. Lì hanno iniziato una nuova ricerca di donatori compatibili. Inizialmente ne avevano individuati due: un soldato americano che però si trovava in territori di guerra e un cittadino tedesco. Purtroppo quest’ultimo si ritirò all’ultimo, qualche giorno prima del trapianto".

Dalla Germania una nuova speranza

"Fortuna vuole che nel frattempo si era iscritta nella banca dati anche un’altra ragazza tedesca che era compatibile all’80%. I dottori mi avevano dato il 5% di possibilità di guarigione e io non mi sono tirato indietro - ha continuato Andrea - Se ripenso a tutto il mio percorso posso solo dire che è andata bene - ha continuato l’imprenditore - Ho visto gente che aveva molte più possibilità di me di guarire andarsene in poco tempo. Non mi posso affatto lamentare anche se ricordo ancora gli oltre 7 mesi trascorsi chiuso in una stanza di ospedale e isolato da tutti. Ora sto bene e questa malattia mi ha regalato una nuova prospettiva e nuove priorità: prima vivevo per lavorare, ora molto meno. E poi da qualche mese Roberto, dopo aver trascorso quasi 40 anni a fare un altro lavoro, lavora con me nella nostra azienda. Dulcis in fundo poco prima dell’ultimo trapianto, prima di ampliare l’azienda, andai dalle dottoresse e, scherzosamente, chiesi loro se mi davano il permesso di indebitarmi con le banche almeno per 10 anni... ".

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