Cesano Maderno

«Ho chiesto scusa a Gianfranco Zola. Nei suoi occhi c’è il bene che trionfa. Ai ragazzi dico: “Non fate come me...”»

Tre giorni di fortissime emozioni in Sardegna per il cesanese Fabrizio Maiello

«Ho chiesto scusa a Gianfranco Zola. Nei suoi occhi c’è il bene che trionfa. Ai ragazzi dico: “Non fate come me...”»
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Ancora oggi che lo scandire del tempo rende più lontani quei giorni, Fabrizio Maiello fatica a trattenere l’emozione, se il ricordo corre a quello sguardo e a quella stretta di mano che ha atteso per trent’anni e che, adesso, gli hanno permesso di «chiudere il cerchio» come lui stesso sottolinea.

La storia di Fabrizio Maiello

La storia di Fabrizio Maiello è quella di un ragazzo che aveva tutto per diventare un grande campione nel calcio. È la storia di un percorso che si interrompe bruscamente e di un giovane che perde ogni punto di riferimento, iniziando a «precipitare verso l’Inferno sino a raggiungerlo», dice il diretto interessato: delinquenza, droga, alcol, carcere diventano la quotidianità. Completamente distaccato dalla realtà, Fabrizio Maiello e una banda di scapestrati tanto quanto lui, cercano la via più facile per assicurarsi ingenti somme di denaro: rapire Gianfranco Zola, il famoso calciatore. Siamo nel 1994 e «io ero latitante e con la mia banda avevamo architettato ogni cosa. Dovevo inseguire la macchina di Gianfranco Zola, speronarla e rapirlo». Ma a due passi dal momento più buio della sua vita accade qualcosa: «Gianfranco si ferma a fare benzina. È in autogrill quando mi avvicino a lui. Ma non estraggo la pistola. Gli porgo la mia carta d’identità e gli chiedo un autografo. In quel preciso momento – dice visibilmente commosso Maiello – ho incrociato i suoi occhi, ho sentito la sua voce ed è come se di fronte a me ci fosse stato il bene. Cambiai idea».

Ma la sua vita è sempre una corsa ad ostacoli...

«La mia vita – spiega il “Maradona delle carceri” – non cambiò direzione. Ho toccato il fondo quando mi sono trovato al manicomio criminale, legato a un letto, con lo sguardo fisso verso il soffitto bianco. Mi sono sentito all’inferno. Ma anche all’inferno si possono trovare degli angeli. Ero vicino alla fine, ma la dottoressa Calevro, direttrice del manicomio criminale, mi regala un pallone. Ho a disposizione 24 metri quadrati. Comincio a palleggiare riassaporando sensazioni sopite. Incontro Giovanni, un vero amico. Lui sta peggio di me e io mi prendo cura di lui. Ritrovo valori dei quali mi ero dimenticato. Faccio ogni cosa solo spinto dal desiderio di aiutare, di fare del bene. Ed è così che conquisto il cuore di Anna, un’infermiera che è poi diventata la preziosa compagna della mia vita».

Inizia la risalita…

«Proprio così… Nel mio cuore e nella mia testa trovano posto solo sentimenti positivi. Voglio riabbracciare la vita. Il pallone è lo “strumento” che mi permette di “parlare col mondo”. Il ricordo di tutto quello che ho passato è, e resta, indelebile. Per questo mi ispiro alla legalità, alla libertà, alla gioia di vivere. Col pallone me la cavo bene, stabilisco dei record. Sempre più persone conoscono la mia storia e mi fanno capire che posso essere utile. E mi prodigo per esserlo ogni giorno».

C’è però quel vuoto da colmare, come ha sempre sottolineato lei…

«La vicenda legata a Gianfranco Zola mi ha profondamente segnato. Il desiderio di scusarmi con lui è di quelli irrealizzabili...».

Poi però…
«Poi però il destino mi manda un messaggio chiaro. Conosco Moreno Buccianti, il selezionatore della Seleçao sacerdoti e della Nazionale suore. Con lui nasce un rapporto schietto e disinteressato. Mi propone di entrare a far parte della Seleçao ed io accetto più che volentieri. Conosco don Walter Onano e suor Silvia Carboni, due persone straordinarie. Mi propongono di andare da loro, in Sardegna, per raccontare la mia storia alle giovani ospiti della Casa famiglia Emmaus, ai giovani del Carcere minorile “Quartucciu”, ai ragazzi del Liceo e ai ragazzi del settore giovanile del Cagliari».

L'incontro

Detto, fatto…

«Nello scorso fine settimana, accompagnato da Moreno che ha organizzato tutto in ogni dettaglio, ho avuto modo di incontrare giovani che se la passano diversamente. Da chi è stato respinto dalla propria famiglia come le giovani di Emmaus, a chi ha iniziato a camminare su una strada pericolosa. Ma anche chi sta vivendo il grande sogno di diventare un calciatore famoso».

 

Quali le sensazioni?
«Molto positive. Ho invitato tutti a non commettere gli stessi miei errori. Ai ragazzi del Quartucciu ho detto di non lasciarsi affascinare dalla criminalità e dai personaggi che la rappresentano. La gloria è effimera e ha alla base soprusi e vigliaccheria. Li ho spronati a guardare avanti con buone intenzioni. Nei loro occhi ho visto la speranza. Per me, motivo di orgoglio».
Altri occhi, però, l’hanno emozionata...
«Nel cortile di casa Emmaus ho incontrato Gianfranco Zola. Appena l’ho visto ho iniziato a piangere. Gli ho stretto la mano e gli ho detto semplicemente “scusa”. Ho rivisto gli stessi occhi di quel giorno. In lui ho visto il bene che trionfa. L’incontro con Gianfranco Zola mi ha permesso di chiudere il cerchio. Ho chiesto scusa a lui così come voglio chiedere scusa a tutti coloro che, per colpa mia, hanno passato brutti momenti».

L'incontro con i ragazzi

Si è reso conto del “peso”, in senso positivo, delle parole dette e dei concetti che esprime oggi?
«Me ne sono reso conto quando, dopo aver incontrato i ragazzi del settore giovanile, il presidente del Cagliari Tommaso Giulini ha voluto incontrarmi. Mi ha detto che le mie parole avevano suscitato interesse nei suoi ragazzi al punto che diversi genitori lo avevano contattato complimentandosi per la bella iniziativa. Fatico a credere che stia succedendo tutto questo a me. Allo stesso tempo però, penso che fare del bene è la strada giusta. Ha tempi sicuramente lunghi ma regala emozioni e stati d’animo per i quali fatico a trovare i vocaboli giusti. Dovunque vado, mi sento accettato più per quello che sto facendo che per quello che ho vissuto».

Incontri ma anche un libro e tra poco un docufilm…

«È lo sprone a proseguire. La vita mi sta mettendo al cospetto di persone che mi aiutano a vivere ogni giorno con pienezza ed entusiasmo. Con Luca Guardabascio abbiamo realizzato il docufilm “Senza volto” che verrà presentato a febbraio. Il libro “Nel carcere dei matti e dei delinquenti” è diventato testo di interesse scientifico e se ne discute nelle Università».
Il tono di voce di Fabrizio Maiello non nasconde gioia soddisfazione. La soddisfazione di un uomo che era caduto all’inferno. Poi ha incontrato degli angeli che gli hanno regalato un pallone da calcio. Lui ha iniziato a palleggiare e, da quel giorno, il pallone non è più caduto…

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