Testimonianza

In missione in Mozambico per nove mesi: “Metterò al centro l’altro”

Filippo Ronzoni, 23 anni, trascorrerà nove mesi in Africa, dove sarà un punto di riferimento per tanti ragazzi.

In missione in Mozambico per nove mesi: “Metterò al centro l’altro”

In un tempo in cui sembra regnare l’egocentrismo, Filippo Ronzoni, 23enne di Lentate sul Seveso, ha deciso di andare controcorrente, mettendo al centro l’altro. Oggi, giovedì 20 novembre 2025, lascerà la Brianza per il Mozambico, dove vivrà fino ad agosto insieme ai Missionari Saveriani di Desio.

A 23 anni in Mozambico per nove mesi: “Metterò al centro l’altro”

«Non volevo un’esperienza che mettesse me al centro, ma l’altro, colui che è diverso da me e per questo mi incuriosisce», racconta con la lucidità di chi ha ben chiaro il motivo per il quale ha deciso di partire e lo dice con fermezza.

La sua destinazione è Charre, un piccolo villaggio nel cuore della savana del Mozambico, dove la comunità saveriana ha uno studentato che accoglie i ragazzi dei villaggi vicini.

“Sarò una figura di riferimento per i ragazzi”

«Ci studiano, mangiano, dormono. Mi hanno detto che sarò una figura di riferimento, un “maestro”, anche se il ruolo educativo vero sarà quello di educatore, più che insegnante. Io cercherò di essere una presenza, un compagno di cammino», spiega Ronzoni.

La scelta di partire nasce da una ricerca interiore

Laureato in Lettere moderne alla triennale, dopo l’esperienza in Africa sogna di proseguire con la magistrale in ambito umanistico. La scelta di partire nasce da una ricerca interiore, non da un progetto di carriera:

«Cercavo un’esperienza anche con una Ong, non necessariamente legata alla fede cristiana, ma quando ho incontrato i Saveriani mi ha colpito il loro modo di proporre questo tipo di missione: non come un’occasione per sentirsi utili o importanti, non un semplice viaggio, ma come un’opportunità di incontro, di ascolto, di decentramento. Insomma, proprio una missione».

“Voglio dialogare con chi è diverso”

A muoverlo, sottolinea, è il desiderio di imparare a dialogare con chi è diverso:

«Viviamo in un mondo polarizzato, dove è difficile restare in relazione con chi non la pensa come noi. Io volevo fare un passo verso ciò che è altro da me, per capire meglio il punto di vista degli altri, per ricordarmi che non siamo noi, o io, al centro del mondo. E’ la pluralità che ci fa stare insieme».

“L’esperienza in Mozambico è anche un modo per restituire il bene che ho ricevuto”

C’è anche un filo di riconoscenza che lega la sua scelta al vissuto personale:

«Mi sento una persona che ha ricevuto molto, amore, gioia, possibilità. Questa partenza è un modo per restituire qualcosa di ciò che ho avuto. E’ un modo per dire grazie». Ma non si tratta, precisa, di una partenza «per evangelizzare. «La mia non è una missione di conversione, ma di incontro. Ha certo una dimensione di fede, ma è soprattutto un cammino umano».

“La missione è un modo di stare nel mondo, non serve andare lontano”

Il 25 ottobre Filippo ha ricevuto il mandato missionario dall’arcivescovo monsignor Mario Delpini, durante la Veglia missionaria diocesana con la Redditio Symboli in Duomo a Milano. Un momento che, racconta, «mi ha fatto capire che non parto da solo, ma porto chi voglio bene con me». E anche se la destinazione è lontana, sa che la missione non comincia solo in Africa:

«Non serve andare dall’altra parte del mondo per restituire la gioia che hai ricevuto. Si può farlo ovunque, anche a Lentate. La missione è un modo di stare nel mondo, di guardarlo con occhi diversi. Io provo solo a viverlo fino in fondo, con una modalità più estrema che è quella della missione».