Albiate

San Fermo, un'antica "sagra di campagna"

Si parla della fiera in un articolo del 1892 del «Corriere della Domenica» scovato dal triuggese Angelo Cecchetti.

San Fermo, un'antica "sagra di campagna"
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Un articolo del 1892 del «Corriere della Domenica», scovato dallo storico triuggese Angelo Cecchetti, parla della storica sagra di San Fermo, che si svolge da oltre 400 anni ad Albiate.

La sagra di San Fermo

"Ho avuto la fortuna di scovare questo periodico del 1892 CORRIERE DELLA DOMENICA dove, all’interno, trovo un articolo dal titolo po’ generico: Una sagra di campagna - scrive Angelo Cecchetti - E’ inutile fare un riassunto, la sua bellezza sta nella completezza dell’articolo che trascrivo. Eccoci al giorno della sagra. Oh ! che bella festa, oh ! che bella festa ! esclamerebbe quel burlone di Ferravilla (ndr autore in dialetto milanese intorno alla metà del 1800) al quale in certi esami che forse le corti lettrici ricorderanno era proprio capitato il tema : Una sagra di campagna. E davvero queto spettacolo ha sempre alcun che di curioso a vedersi: sono antiche tradizioni che si ripetono, consuetudini che si tramandano da secoli, alle quali il buon popolo della campagna non sa e non vuole rinunziare. Lo scettico che vi assiste sorride dinanzi alle espressioni goffe, se si vuole, ma sincere dei giovanotti e delle fanciulle vestite da sante e da martiri e compatisce; ma chi sente in cuore un po’ di fede osserva con rispetto la manifestazione calda e simbolica del sentimento religioso, vivissimo fra quella gente. Nei paeselli lombardi queste sagre sono assai frequenti, meno chiassose che nei paesi meridionali ma pure caratteristiche: di solito le più solenni si fanno nella festa del Santo protettore; festa alla quale i villici cominciano a prepararsi sei mesi prima che arrivi e della quale discorrono sempre con foga per sei mesi appresso, di modo che essa forma, argomento tutto l’anno dei loro discorsi e delle loro cure".

Si festeggia in agosto

"E’ una giornata splendida: peccato che il caldo noioso dell’agosto si faccia sentire un po’ vivamente, forse per dar ragione a quel proverbio: Non v’è rosa senza spina. Fin dalla mezzanotte è cominciato il viavai delle carrette e dei barrocci dai vicini paesi, recante a frotte ragazze vestite a festa e adorne di fiori, e giovanotti pieni di lena e di rustica galanteria. E’ curioso l’arrivo in paese di questi veivoli d’ogni specie, quali ornati di fronde e di edera, quali sormontati da leggiere impalcature cui è raccomandata una coperta che dovrà servire di riparo ai raggi cocenti del meriggio; quali tirati da cavalli vispi e irrequieti e quali da asinelli o da muli che a stento ed a frustate se li trascinano dietro. Questo andirivieni dura tutto il giorno, più attivo e molesto nelle ore mattutine; lento e stanco nelle ore più calde. La fiera che il giorno prima s’è improvvisata dinanzi alla chiesa di San Fermo è l’attrattiva della festa; si traversa il paese, tutto a festoni ed arazzi, e vi s’arriva".

Tanti venditori animano la sagra di San Fermo

"Fra le piante e le siepi sono disposte le baracche dei venditori: bacheche di balocchi, che fanno strillare i bimbi desiderosi; botteghe ambulanti di merciaiuoli dove le fidanzate ammirano i regali che i previdenti garzoni han già pensato di far loro; mostre di pipe intorno alle quali i più forti fumatori del paese vengono a fare le loro discussioni ed i parchi acquisti; bersagli che fanno invidia a quelli di città; v’è il carro della indovina e della sonnambula e la giostra costruita ancora sul modello della prima che vide la luce. Su di un carro zeppo di casse, di coperte e di tappeti un uomo in viso dal sudore e dalla fatica, la voce rauca e fessa offre alle massaie le sue merci a prezzi di un favoloso buon mercato. Vi figurate una coperta da letto od un tappeto per sole due lire? Ma le prudenti paesane sono restie nel comperare; e quel povero diavolo si sbraccia e si sgola con poco profitto, mentre il suo cavallo, libero dalle briglie e dl peso molesto della sua robusta bara, si pasce tranquillo in un prato poco discosto. Vedi come va il mondo!".

Si vendono anche medaglie

"Dinnanzi alla chiesa v’è una dozzina di venditori di medaglie, di crocette e di vite del santo, che s’arrabattano ad offrire pei primi i loro ninnoli ai devoti che si recano in chiesa: una processione di infermi e di storpi, quali realmente ammalati, quali ammalati per l’occasione, ti tormenta dovunque con una litania di piagnistei e di suppliche. Sii generoso perché al contrario al ti metti nel pericolo di esser fatto segno alle loro poco poco caritatevoli proteste. Fra il brulichio e la ressa della fiera mi trovo d’un tratto allontanata dalle cugine che mi accompagnano nella curiosa visita; uno sguardo in giro, qualche urtone, e poi ci si ritrova unite. E Nino dov’è? Nino il cuginetto di cinque anni, un amore di bambino che si diverte un mondo, e vorrebbe che vi fosse fiera tutt’i giorni; un po’ di sgomento, un po’ di apprensione, ma subito si ritorna calme: il birichino se n’è andato avanti con lo zio Amanzio ad una grande bacheca di bambole e pupattoli".

Momenti di pace e armonia

"Non vi ho detto che l’ora più opportuna per visitare la fiera è verso sera quando il caldo e l’afa sono alquanto diminuiti: allora cominciano ad accendersi qua e là dei lucignoli fumosi e rossicci che danno alla scena una tinta scura e paurosa, non priva certo di poesia : benedetta poesia senza la quale la vita sarebbe così arida! Il ritmo monotono dell’organetto che accompagna la giostra ne’ suoi giri ci invita, ed eccoci sedute sui cavallucci di legno, senza un riguardo al mondo per i poveri abiti color mauve (malva) e tutti a trine , della Giuseppina e della Maria. Si gira per alcuni minuti aspirando voluttuosamente la corrente d’aria che il moto veloce suscita: e l’organetto ripete cinque o sei volte la stessa canzone, l’unica forse che gli hanno chiusa in corpo. Pochi passi distante squilla il campanello di una suoneria elettrica: giacché ci siamo perché non tentare anche quella? S’impugnano per turno i cilindri d’ottone attaccati alla pila e le labbra strette, il viso serio si affronta l’impeto di quella forza ignota - l’elettricità (probabilmente vinceva chi resisteva più a lungo all’energia elettrica) che l’uomo sa studiare e regolare nelle sue manifestazioni, ma della quale non conosce ancore l’essenza : la cugina Santuzza riporta la palma, a dispetto d’un povero contadino che per non voler esser vinto da una signorina, ritenta la prova e… ripete il fiasco. L’ora del tempo e la dolce stagione – canto 1° dell’inferno di Dante - (se il verso non v proprio a puntino al caso mio voglia chi legge adattarvelo alla meglio) ci consigliano a ritornare sui nostri passi, non prima però d’aver fatti alcuni colpi al bersaglio dei fantocci ed a quello dei piccioni. Quella tal poesia di cui ho parlato più sopra, diventa mano mano più pura: il cielo d’un azzurro fosco, brilla di mille stelle; la luna nasconde i suoi raggi dietro il folto degli alberi che si muovono appena appena, gettando le loro ombre stravaganti sulla strada: il paese s’è fatto silenzioso e non s’ode che tratto tratto lo schiamazzo di qualche osteria dove sono raccolti i paesani e le spose per dare l’ultimo saluto alla festa: noi si sussurra e si chiacchiera sottovoce quasi per non disturbare la calma della natura. Questi momenti di pace e di armonia, così rari nella vita’ riposano lo spirito e lo abbandonano a facili sogni, ed io avrei voluto che non passassero così presto!".

Ma la sagra non finisce alla fiera: v’è ben altro!

"Ogni famiglia prepara in questo giorno la torta tradizionale, una torta che dovrei aver assaggiata per poter dire com’è fatta: basta sapere che le massaie la cucinano in grandi casseruole o padelle, che poi portano al forno del paese, e che ha l’aspetto di una zuppa sparsa abbondantemente di cacio; badate però che la gastronomia non è il mio forte ed è facilissimo ch’io abbia veduto lucciole per lanterne. Allora del vespero po, si fa solenne processione delle Reliquie, la quale con la musica alla testa percorre tutto il paese e presenta nell’insieme un certo non so che di mistico e di profano che ricorda le medioevali rappresentazioni sacre e le processioni dei Disciplinati (confraternita). I contadini vi assistono con devozione e rispetto, e forse daresti un po’ del tuo troppo educato sentimento artistico per associarti alla loro sincera ammirazione per figura di santo che passa".

L'articolo del 1892 sulla sagra di San Fermo

"La sagra di Albiate è ancora una delle più vive nella Brianza e quei del paese ci tengono alla loro festa: figuratevi che per farsi conoscere dai forastieri, gli albiatesi hanno tra l’alto l’astuzia di camminare tutto il giorno per il paese senza cappello. Eh! Son d’Albiate io! Esclamano .E forse par loro di ripetere la superba frase dei cittadini romani quando la potenza di Roma dominava il mondo
Albiate 13 Agosto 1892 - Articolo a firma di Olga Miracov. Siamo stati veramente fortunati nel trovare “una cronaca” di chi ha visto di persona la sagra di San Fermo nel 1892. Appare anche chiaro che l’autrice, probabilmente, non era brianzola e quindi poco avvezza negli usi e costumi della Brianza ed è appunto lei stessa, per esempio, che fa notare di non essere esperta in gastronomia e quando descrive la torta “…sparsa abbondantemente di cacio…”, probabilmente ha scambiato il latte della “turta de lacc” per cacio. Non importa la ringraziamo veramente di cuore per averci aperto un’ampia finestra".

Il servizio completo è pubblicato anche sul Giornale di Carate in edicola da martedì 28 febbraio 2023.

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