"Vi racconto l'affresco di Rancate"
Un tempo sulla facciata del santuario era presente il dipinto della Madonna con gli angeli sparito negli anni a causa del degrado: ce lo racconta lo storico Angelo Cecchetti.
Ricordate l’affresco della Madonna con gli angeli che troneggiava sulla facciata del santuario Santa Maria Assunta di Rancate? La sua scomparsa è dovuta al degrado che nel corso degli anni lo ha portato alla completa sparizione.
L'affresco di Rancate
Alcuni documenti ne parlano. I vari testi sono stati scovati da chi di storia e arte s’intende: lo storico e collezionista Angelo Cecchetti di
Tregasio, frazione di Triuggio, che insegna all’Università del Tempo Libero di Triuggio e all’Università per la terza età di Carate Brianza, e ama definirsi «custode temporaneo». La sua materia forte è «storia antica della Brianza», che racconta attraverso immagini e documenti.
La storia del santuario
Il santuario di Rancate dedicato a Santa Maria Assunta poggia su un’antica devozione mariana sorta a seguito di un evento straordinario
avvenuto, secondo la tradizione, in questo luogo. Il racconto popolare narra che la Vergine apparve a due fratellini, un bambino sordomuto e la sua sorellina, intenti a raccogliere fiori lungo il declivio boscoso che scende al fiume Lambro. Il bambino, tornato a casa, d’improvviso acquistò la parola e raccontò con la sorellina l’accaduto. In seguito al miracolo si cominciò a costruire un «oratorio» o «cappella», su un terreno pianeggiante poco lontano dal luogo dell’apparizione. In quest’oratorio, nel 1507, fu affrescata l’immagine della Madonna che ancora oggi si venera. Successivamente la chiesa fu ampliata con il sussidio delle elemosine raccolte anche nei paesi vicini, dopo richiesta inoltrata dalla popolazione al Cardinal Carlo Borromeo.
La Madonna dei Miracoli
Il cuore del santuario è costituito dall’effigie della Madonna dei Miracoli. Di autore ignoto, rappresenta la Vergine che, seduta in trono, con la mano destra regge sulle ginocchia il bimbo in piedi, benedicente, e, nella mano sinistra, tiene una rosa campestre. Il trono è addossato a un muro. Il volto della Madonna dall’ovale delicato e dallo sguardo dolce e pensoso, il bel viso del Bambino, la finezza del disegno, insieme alla
linea morbida e lieve delle mani e alle pieghe del mantello della Vergine, indicano che l’opera è di pregio, di «abile pennello», come fu scritto.
Restauri e ritocchi, nel corso dei secoli avevano falsato l’immagine iniziale che fu restaurata nel 1954 quando l’affresco venne tolto dal
muro e posto su tela.
Gli scritti dell’Ottocento
Nel 1828 l’abate don Giacinto Amati, conservatore della biblioteca ambrosiana di Milano, cita i medaglioni realizzati dal pittore Andrea Appiani ma non accenna all’affresco sulla facciata della chiesa.
«Circa l’anno 1785 o poco dopo fece di pubblico diritto alcuni medaglioni a fresco nella chiesa parrocchiale di Rancate sul Lambro...» scrisse riferendosi all’Appiani. La svolta avviene nel 1842 grazie allo scritto di Luigi Malvezzi, critico e amante dell’arte: «Recandomi a Valmadrera per gustare di bel nuovo la grandiosa medaglia dipinta dal celebre Sabatelli, mi prese vaghezza di trattenermi qualche ora in Rancate, e di entrare nella chiesa parrocchiale, non tanto per ammirarvi i tre dipinti dell’Appiani, che ho le cento volte veduti, e cui ho sempre davanti agli occhi, quanto per esaminare le tre medaglie ivi dipinte da Cesare Poggi. Sulla facciata della chiesa al di sopra porta principale il Poggi dipinse Nostra Donna, cui gli angeli assumono al cielo. La composizione è nuova ed eminentemente religiosa; è la Vergine che portata dagli angeli al cielo si desta dal breve sonno di morte e sente nelle vene rifluire una vita soavissima di paradiso. Bene aggruppati sono gli angeli, convenientemente espressi, e lodevoli anche presi partitamente. Questa medaglia è degna di molta lode, l’effetto è raggiunto e devesi ritenere per fatta a buon a fresco, perché sebbene esposta alle intemperie già da quattro anni, pure si conserva intatta e con colori vivi, brillanti».
E’ la prima volta che qualcuno parla dell’affresco che, secondo quanto scritto da Malvezzi, sarebbe stato realizzato nel 1838. Dieci anni
più tardi l’incisore Giuseppe Beretta parla dell’Appiani ma non dell’affresco: «La chiesa di Rancate nella Brianza, in vicinanza al Ponte
d’Albiate, desiderosa di un affresco del nostro pittore, lo chiama per dipingervi».
La testimonianza del rancatese Silvio Vismara
Silvio Vismara (firma il suo articolo Silvio Vismara Benedettino di Montoliveto) era figlio di Serafino Biffi e della guardarobiera Paolina che sposò, poi, un contadino del Biffi che diede il suo nome al bambino, andò ad abitare in Villa. Silvio Antonio Vismara ricevette dal padre, scienziato, una profonda formazione culturale acquisendo, anche nel clima familiare, una grande propensione per gli studi. Un'altra chicca risale al 1923, anno della prima opera monografica, con fotografie, del santuario. Sulla rivista mensile «Arte Cristiana», Vismara parla delle opere dell’Appiani tra cui «il ritratto del parroco (di Rancate), don Bernardo Forni, che si conserva nella sagrestia di Rancate» ma di cui oggi non c’è più alcuna traccia.
Il ritratto di don Bernardo Forni
«Non reca meraviglia che l’Appiani abbia fatto il ritratto del buon prete che avevagli porto il mezzo di una degna manifestazione artistica;
ma un vero peccato si è che qualche gramo restauratore l’abbia rovinato. Infatti, sapendosi quanto valente ritrattista sia l’Appiani, si resta un
poco sorpresi dinnanzi a quest’opera dallo sfondo scuro, opaco, da cui la figura si rileva stentata, con la linea poco chiara, poco evidente.
Sull’alto leggesi: P. Bernardus Forni Parochus et Restaurator Huius Ecclesiae Obiit die 15 Martij 1806 Aetatis suae 66».
«Per ora ci accontentiamo di un’immagine auspicando che un domani l’originale possa ritornare nella sua sede ovvero la sacrestia del santuario - spiega lo storico Cecchetti mostrandoci una foto, tratta appunto dall’Arte Cristiana, fedele riproduzione di don Bernardo Forni - Fino alla scoperta di eventuali nuove testimonianze, con il libro del Malvezzi si ha una descrizione quasi coeva all'affresco eseguito dal Poggi e auspicando che un altro tassello sia stato inserito nella storia del santuario di Rancate, io proseguo nella mia passione di ricerca nel mondo Brianza» conclude Cecchetti.