Addio a Maurizio Monticelli, vulcanico mecenate e collezionista d'arte
A giungo aveva messa a disposizione quaranta opere di Andy Warhol per la mostra allestita all'hub vaccinale di Vimercate
Maurizio Monticelli se ne è andato lunedì 13 settembre 2021, lasciando un vuoto enorme; enorme come la sua personalità. Collezionista d'arte e mecenate, romano d'origine, risiedeva a Vergo Zoccorino (Besana in Brianza) dove questa mattina, mercoledì 15 settembre 2021, alle 11, saranno celebrati i funerali.
I suoi quadri nell'hub vaccinale
Lo scorso giugno, uno dei suoi ultimi regali per gli occhi e il cuore: in segno di riconoscenza e gratitudine nei confronti dell'ospedale di Vimercate (di cui era stato paziente), Maurizio Monticelli aveva messo a disposizione alcune delle opere di sua proprietà: quaranta in tutto, realizzate da Andy Warhol. Ne era nata la mostra dedicata al maestro della Pop Art, allestita all’interno dell’hub vaccinale aperto nell’ex stabile dell’Esselunga di Vimercate.
Ciao Maurizio, grande Uomo innamorato dell'arte e delle cose belle. È stato un onore conoscerti e collaborare con te! Siamo riusciti a portare Andy Warhol nel centro vaccinale di Vimercate: gli unici a fare una cosa del genere.. Tutto merito tuo! Sono contento di essere riuscito a salutarti per l'ultima volta. Nonostante tutti i giorni passati in ospedale, avevi ancora la forza per parlarmi dei tuoi progetti per la Villa Reale e per chiedermi come stesse andando la Lega... Sei un grande. Che la terra ti sia lieve
E' il saluto del consigliere regionale Alessandro Corbetta, besanese come Monticelli.
La sua intervista al Giornale di Carate
Lo scorso anno avevamo incontrato Monticelli. Una vita da film la sua. Vi riproponiamo la sua intervista che merita qualche minuto del vostro tempo.
E’ stata una lunga chiacchierata tra due persone agli antipodi. Da una parte chi scrive, per cui la Storia dell’arte è sempre stata una materia da studiare «per forza» dietro i banchi di scuola. E le mostre? Più un appuntamento da non perdere per darsi un tono che per interesse. Dall’altra, Maurizio Monticelli: collezionista, mecenate, produttore ed organizzatore di eventi culturali di incredibile successo. Lui ha fatto dell’arte l’ossigeno della sua esistenza perchè «mi segna dentro, mi suscita emozioni, mi eccita...».
Alla fine, non c’è stata partita, l’ha vinta Monticelli, in grado di «guarire» la decennale allergia a quadri e statue della cronista. Ce l’ha fatta in un paio d’ore, con il suo linguaggio senza fronzoli, un tour tra le opere che conserva nella sua villa di Vergo Zoccorino. Villa per la quale, nel 1993, scattò un vero colpo di fulmine, che nulla ha da invidiare ad un museo, di quelli che si fa la fila per entrare (Ci convivono opere di César, Warhol, Keith Haring, solo per citarne alcune. Fino alle sculture del genio di Villa Raverio, Pietro Villa). E gli aneddoti di una vita degna di un film. Film come «Poveri ma belli», capolavoro del 1957 di Dino Risi dal quale tutto è iniziato.
Una vita dal film
«Ero un ragazzino e con gli amici scorrazzavamo davanti al Teatro Olimpico di Roma che allora si chiamava cinema Flaminio, in sella alla Lambretta vinta con i tappi della Coca Cola - ha raccontato Monticelli - Passò di lì Dino Risi, ci notò, ci osservò e poi mi chiese se volevo fare un provino per la sua nuova pellicola. Dissi di sì e la mattina successiva andai all’appuntamento».
Il provino lo superò ed entrò nel cast, nel ruolo del ragazzetto rompiscatole. Ma quel giorno segnò qualcosa di ancora più importante.
«C’erano diversi artisti riuniti. Conobbi Mimmo Rotella e ne rimasi folgorato».
Fu l’inizio di un’amicizia lunga più di mezzo secolo. Ed insieme di un sodalizio creativo e professionale che ha portato entrambi molto lontano. Rotella che «voleva fare solo l’artista, nient’altro. Quando lo incontrai era poverissimo. Dopo le riprese, lo raggiungevo al bar Rosati, in Piazza del popolo. Andavano in una traversa di via del Corso, dove a quell’ora preparavano la focaccia romana e mangiavamo insieme». Divenuto nel tempo uno dei protagonisti della scena artistica del Ventesimo secolo. E Monticelli capace, con il suo notevole fiuto, di intuire per primo il talento di decine di artisti. In tutto il mondo. Partendo dalla conoscenza della loro storia personale, spesso fatta di fame e sofferenza.
«Nel mio campo, il 90 per cento delle persone acquista un’opera per speculare. Io no. Quando vendo, lo faccio con sofferenza. Quando acquisto, è perché ciò che ho di fronte mi emoziona. Non ho mai pensato: questo è l’affare della mia vita. Anche se poi qualcosa l’ho indovinata...».
L’artista è chi inventa qualcosa di mai fatto..."
«L’artista è chi inventa qualcosa di mai fatto...», ha spiegato Monticelli. Come Rotella, appunto, con i suoi decollage di manifesti di film strappati.
«Era il 2001, stavo guidando, ero ad Arosio. Ho notato il manifesto che promuoveva l’arrivo del circo Orfei». La folgorazione. «Ho inchiodato, sono sceso, l’ho strappato e ho chiamato Mimmo Rotella». Tre quarti d’ora più tardi era nel suo studio di Milano. «Ha preso il manifesto, l’ha fissato sul suo tavolo di lavoro. “E’ proprio bello”, mi ha detto. Dopo poco qualcuno ha suonato il campanello. Era l’organizzatore della Biennale di Venezia, giunto per scegliere le opere da portare all’esposizione di quell’anno. E’ entrato, ha visto ciò che avevo portato e non ci ha pensato un attimo: “Voglio quello...”».
Grazie Monticelli del tempo che mi ha dedicato.
«A presto. E studia la Storia dell'arte...», mi ha salutato, donandomi un carico di libri.