Asilo San Giuseppe, si dimette la rappresentante dei genitori nel Cda

La Civica fondazione arcorese che gestisce l'asilo è di nuovo nel caos: si è dimessa Elena Focardi

Asilo San Giuseppe, si dimette la rappresentante dei genitori nel Cda
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Proprio ora che sembrava essere tornato il sereno all’asilo San Giuseppe di Arcore per via della riapertura delle iscrizioni, la civica fondazione che gestisce l’istituto scolastico di via Tomaselli piomba nuovamente nel caos.

E questa ad abbandonare il Consiglio di Amministrazione è Elena Focardi, la rappresentante dei genitori eletta da mamme e papà nel Cda qualche mese fa.

Ecco la lettera con la quale Focardi ha spiegato i motivi del gesto

Cari genitori,
vi scrivo questa lettera per motivare le mie dimissioni.
All’inizio dell’anno scolastico, con altri genitori, avevamo la speranza e il sogno di poter fare la differenza, di poter portare le nostre professionalità al fine di aiutare la scuola nel suo cammino. La storia è fin troppo nota, ci è stata negata la possibilità di fare qualsiasi cosa, siamo stati insultati e derisi pubblicamente, in particolare nel l’incontro con il CdA del 12 dicembre, durante il quale ho pianto lacrime molto amare. Ma ci dicevano che tutto andava bene e con altezzosa arroganza che noi non eravamo in grado di gestire la rabbia. Mi è stato anche detto che se non mi fosse andato bene, avrei tranquillamente potuto prendere la porta.
Un mese dopo il blocco delle nuove iscrizioni.
Il lavoro, la famiglia e gli impegni in CdA non sono compatibili, soprattutto con un’organizzazione familiare come la mia. Non lo erano quando ho accettato e non lo sono adesso che l’emergenza sanitaria ha sconvolto le nostre esistenze. Ma ho accettato di rappresentare i genitori nonostante la stanchezza, le nottate insonni, i problemi, i bambini trattati alla stregua di “pacchetti postali” e la mia famiglia sempre in ultimo piano, perché credevo nel San Giuseppe, nelle sue maestre e in tutto quello che rappresenta per la nostra comunità. Ho rinunciato per molto tempo ad avere una vita “privata” e messo a dura prova quella professionale, mi sono battuta per i diritti dei dipendenti e dei bambini, senza sosta, senza se e senza ma. Avevo la possibilità di non accettare, con la conseguenza che la Fondazione, con gli avvenimenti immediatamente successivi, si sarebbe potuta sciogliere. Sono restata per lealtà, con professionalità, senza mai pensare a guardare indietro con rabbia al passato, ma cercando sempre di agire per il meglio.
Ma è arrivato il momento in cui ho capito che non è più il mio posto. Nelle ultime settimane la mia modalità di lavoro è stata mal interpretata, il mio modo di fare giudicato inopportuno e mi è molto spiaciuto che voci di corridoio (o di telefono/chat) abbiano preso il posto del dialogo. Mi è molto spiaciuto sentirmi fare la stessa domanda da diverse persone nella stessa settimana: “Ma tu da che parte stai?” In CdA, come nella mia vita personale e professionale, utilizzo una certa dose di prudenza intellettuale per non trovarmi a dire da un giorno all’altro “mi spiace ma non ha funzionato”. Ho sempre pensato che la tutela dei genitori e dei bambini passasse anche da una comunicazione trasparente, schietta e sincera, ma mi rendo conto che non è il modo che ci si aspetta dal rappresentante dei genitori. Per me non è il tempo di risposte a metà, frasi sibilline e grandi discorsi, ma probabilmente mi sto sbagliando. Ci sono diversi genitori che sembra abbiano più informazioni di me relativamente al futuro della scuola e le veicolino in modo migliore, credo sia il momento di lasciare loro il posto.
Mi spiace per chi ha creduto in me e nel mio operato, ma non ho più intenzione di andare avanti su questa strada. Con questa emergenza sanitaria mi sono ritrovata a rivedere le mie priorità e a capire che la giornata è fatta di 24 ore, che è tempo di iniziare a dedicare alla mia famiglia e al mio lavoro perché non trovo più motivazioni valide per gestire in maniera responsabile gli impegni derivanti dalla mia partecipazione in CdA.

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