Il Tar ha dato torto al Comune sul caso della "moschea"
Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso dell'associazione islamica Anasr contro l'ordinanza comunale che chiedeva il ripristino della destinazione artigianale del capannone di via Milano

Sul caso della "moschea" in via Milano a Seregno il Tar ha dato torto al Comune. Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso dell'associazione islamica Anasr contro l'ordinanza dell'Amministrazione per il ripristino della destinazione d'uso dello stabile a laboratorio artigianale.
Il caso della "moschea" di Seregno
Venerdì mattina è stata resa nota la sentenza della seconda sezione del Tar della Lombardia sul ricorso presentato dall'associazione islamica Anasr contro l'ordinanza con cui il Comune nel dicembre 2019 imponeva il ripristino dell'immobile di via Milano a laboratorio artigianale. In procedenza, invece, i controlli della Polizia locale avevano accertato all'interno del capannone (di proprietà dell'associazione) attività di doposcuola e studio alla presenza di adulti e minori. Invece non erano state accertate attività di culto, come in un primo momento si era sospettato a fronte dell'ingresso di numerose persone soprattutto nel fine settimana. Per questo il caso della presunta "moschea" era esploso anche nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2018. Nell'aprile scorso lo stesso Tribunale amministrativo aveva accolto l'istanza cautelare dell'associazione e sospeso il provvedimento del Comune in attesa del giudizio di merito.
Il Tar dà torto al Comune
Il Tar, nella camera di consiglio del 10 novembre scorso, ha accolto il ricorso dell'associazione islamica e annullato il provvedimento del Comune, condannato anche a rifondere le spese legali di tremila euro. Il collegio osserva che "l'azione amministrativa di governo del territorio che involge diritti di rilievo costituzionale quale la libertà religiosa debba improntarsi in modo stringente, ai principi di proporzionalità ed adeguatezza".
"L'immobile risponde a un bisogno materiale"
Per il Tar l'azione amministrativa "incide su un bene, lo spazio religioso, che è esso stesso oggetto della libertà costituzionale" e "presupposto per l'esplicazione della dimensione collettiva e sociale del fenomeno religioso". I giudici amministrativi ritengono che l'immobile di via Milano "sia oggetto di un bisogno materiale necessario per soddisfare le esigenze di aggregazione di un fenomeno (anche) sociale e culturale come è la religione".
"Nessuna incidenza sul carico urbanistico"
Nella sentenza del Tar si sottolinea che la presenza di alcuni adulti e bambini nella "moschea" di via Milano non può considerarsi sufficiente per "inferire una sicura incidenza sul carico urbanistico". Quindi la decisione intrapresa dal Comune sarebbe una "compromissione" della dimensione sociale della libertà religiosa "senza una effettiva esigenza urbanistica".