Corte d'appello

Crac Malaspina: pena ridotta per l'imprenditore, tre assoluzioni

La sentenza di secondo grado riduce a 10 gli anni di condanna per l'imprenditore; assolti i professionisti.

Crac Malaspina: pena ridotta per l'imprenditore, tre assoluzioni
Pubblicato:
Aggiornato:

Pena abbassata di due anni (da 12 a 10 anni) per Giuseppe Malaspina, imprenditore edile di Vimercate. Condanna a 14 mesi ciascuno per i suoi fratelli Carlo e Antonio, e a 1 anno nei confronti del commercialista Salvatore Tamborino.

Assolti Pierillo, Sclapari e Ricchiuto

Per il resto la sentenza d’appello del processo nato dal crac dell’impero immobiliare di Malaspina vede cadere ulteriormente le accuse per tutti i professionisti che, secondo le prospettazioni dell’accusa, si erano mossi attorno all’imprenditore concorrendo in vari modi alla bancarotta. Assoluzione, dunque, per l'avvocato ex giudice della sezione fallimentare monzese Gerardo Perillo, residente ad Arcore, per l'avvocata Fabiola Sclapari, legale di Seregno con studio a Cesano Maderno, che ha trascorso per queste accuse anche un periodo di detenzione a San Vittore e agli arresti domiciliari. Nessuna responsabilità penale anche in capo al commercialista Antonio Ricchiuto (genero di Perillo), di Arcore.

Numerose prescrizioni

La Corte di Appello di Milano, per molti capi di imputazione ha ritenuto inammissibile il ricorso della Procura di Monza per «difetto di specificità» o per «carenza di interesse ad impugnare».

Due anni in meno per Malaspina

I giudici milanesi hanno poi trasmesso per competenza territoriale a Milano un capo di imputazione contestato a Giuseppe Malaspina e hanno dichiarato numerose prescrizioni. In secondo grado, la Procura generale aveva chiesto la conferma dei 12 anni per Malaspina, oltre alla condanna a 5 anni e 2 mesi per l'avvocata Sclapari e a 4 anni e mezzo ciascuno per Ricchiuto e Tamborino.

Intercettazioni inutilizzabili

Quello concluso nei giorni scorsi a Milano rappresenta il secondo atto del processo sostenuto davanti al Tribunale collegiale di Monza dagli imputati che avevano scelto il giudizio ordinario, e non l’abbreviato. Le assoluzioni, in quella sede, erano state decise per alcuni capi di imputazione con formula piena, e per insufficienza di prove relativamente ad altre contestazioni. Il Tribunale, soprattutto, aveva accolto l'eccezione della difesa secondo cui non potevano essere utilizzate nei confronti degli imputati alcune intercettazioni telefoniche e ambientali. Questo per un motivo tecnico nato da una sentenza della Corte Costituzionale, la quale impone che, se i magistrati che indagano su un'ipotesi di reato, per la quale hanno ottenuto il via libera alle intercettazioni si imbattono nel corso degli accertamenti in altri presunti reati, gli stessi inquirenti devono farsi autorizzare le intercettazioni successive e non tenere conto di quelle precedenti.

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali
Necrologie