Seregno

Matrimonio combinato per la figlia, alla sbarra i genitori

Il Gip di Monza ha imposto al pm di formulare l'imputazione coatta anche per un fratello maggiore della ragazza, che ha avuto il coraggio di dire "no"

Matrimonio combinato per la figlia, alla sbarra i genitori
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Quando aveva 13 anni, i suoi familiari avevano deciso il matrimonio con un cugino 21enne. Ma lei, nata in Pakistan e cresciuta a Seregno in una famiglia di immigrati, ha avuto la forza di dire “no”.

Tentata induzione a contrarre matrimonio

La vicenda è approdata nelle aule del Tribunale di Monza. Il reato è quello di “tentata induzione a contrarre matrimonio”, introdotto nel 2019 da una normativa europea con il proposito di combattere la prassi dei matrimoni combinati. Ne devono rispondere davanti a giudici di Monza i genitori e un fratello maggiore della giovane, che oggi ha 18 anni (difesi dall’avvocata Antonella Crippa).

A scuola i primi sintomi di disagio

La ragazza oggi vive in una comunità protetta fuori dalla Lombardia, dove studia per prendere il diploma e dove ha firmato per restare fino al 21esimo anno di età. Sono i responsabili della scuola frequentata dalla ragazza, quando lei è ancora minorenne, i primi a segnalare il disagio (ormai 5 anni fa) che l’aveva indotta a compiere atti autolesionistici. “E’ sofferente e preoccupata per la decisione presa dai propri genitori di farle sposare un suo cugino di 21 anni”, dicono gli insegnanti. La sua famiglia è seguita da anni dai Servizi sociali del Comune di Seregno.

L'idea del matrimonio combinato

Il progetto delle nozze combinate viene accantonato ma ritorna d’attualità nel 2022, quando il padre parla di preparativi e alla giovane vengono prese le misure per l’abito nuziale. A febbraio 2023 una telefonata fra il padre e lo zio. Nella conversazione quest’ultimo si lamenta dell’ostilità di sua figlia all’idea di contrarre a sua volta un matrimonio forzato. E’ in quel momento che sente le parole del papà: “Se si oppone chiama me...ci penso io con due colpi. Non importa se vado in carcere”.

L'imputazione coatta del Gip

A quel punto decide di lasciare casa e i Servizi sociali inoltrano una segnalazione alla Procura. L’iter giudiziario è travagliato, con una prima richiesta di archiviazione da parte della Procura e successivamente, a seguito di opposizione presentata dal difensore che cura gli interessi della ragazza e del Comune (l’avvocata Lucilla Tassi), arriva il provvedimento del Gip, Angela Colella, che impone al pm di formulare l'imputazione coatta.

 

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