Commenti su: Monza, cala il numero delle slot machine: in tre anni -25%

Eugenio

Sono un gestore di apparecchi da gioco legali A.W.P. o NEW SLOT comma 6/a del 110 T.U.L.P.S. ovvero terzo incaricato della raccolta, regolarmente iscritto al RIES elenco dei soggetti di cui all'art.1, com.533, della legge n. 266/2005, come sostituito dall’art. 1, com.82, della legge n. 220/2010, in possesso del certificato antimafia così come previsto e che opera con la propria azienda nel settore del gioco legale di stato da moltissimi anni premetto che:

La mia è una richiesta a tutela di comuni necessità d’imprese che operano nel settore del gioco riconosciuto legale dallo Stato.

Oltre che una battaglia da PMI imprenditore del gioco legale dello Stato di chi si sente emarginato, accusato, privato delle minime garanzie formali e sostanziali in ambito lavorativo dalle amministrazioni locali e nazionali, dalla politica, dai media e additato come impresa, o meglio come “mala-impresa” che si arricchisce rovinando famiglie o evadendo chissà quali imposizioni, oggetto della presente petizione è il riconoscimento VERO della libertà di fare impresa, della dignità e del rispetto di ogni mio collaboratore o dipendente, della legalità della mia impresa non solo a parole ma anche nei fatti. Oggi nei fatti assisto al continuo accanimento da parte di chi, governando, dovrebbe promuovere le condizioni per garantire l'effettivo diritto al lavoro ed invece promuove azioni che facilitano unicamente le lobby del “Gioco” assecondandole nel loro strapotere.
Mi spiego.

Noi non abbiamo bisogno di simpatia. Abbiamo bisogno di rispetto da parte di tutti per le nostre imprese.
Una sottile ma perversa e costante comunicazione ci tratteggia come imprese che “delinquono”, come il male assoluto
mascherato dalla “legalità”, imprese che si arricchiscono rovinando famiglie all'interno delle quali il giocatore sperpera
il denaro.
Questo messaggio è ormai predominante. Sono impotente, siamo impotenti , quasi senza speranza.
Le attuali imposizioni sono veri e propri furti alle imprese (somigliano a furti di un mestiere!) e vengono mascherati come rimedi contro il dilagare del gioco che se pur legale si insinua essere fuorviero di chissà quali inganni, che chissà come è gestito dagli “imprenditori”, ecc, ecc.
Percepisco sempre quell'aria di sospetto e supponenza quando mi presento e presento la mia attività.
Ciò che sta accadendo in verità è uno Stato che sta rendendo impossibile l'effettivo diritto al lavoro che la
Repubblica dovrebbe riconoscere.

Io sono un imprenditore e gestore del gioco legale dello Stato, io lavoro e do lavoro nel rispetto della legalità.

La guerra alle sole imprese di gestione di apparecchi da gioco deve terminare. Per me imprenditore, per i miei dipendenti e per la mia e le loro famiglie non ci sono più diritti?

Attraverso un collaudato sistema d’imposizione assistiamo a continui aumenti del Prelievo Erariale Unico (PREU), l’abbassamento delle vincite o pay out, e' a discapito dei giocatori sempre e comunque, solo le casse dello stato ne traggono enorme beneficio. Tutto ciò accompagnato da misure draconiane sulle distanze dai c.d. luoghi sensibili, da limitazioni di orari di accesso ai giochi solo per le AWP. Si aggiungano poi tutte quelle limitazioni imposte dalle Autorità locali che diventano veri e propri ostacoli al libero esercizio delle attività di gioco.
Il sistema regolatorio già estremamente complesso è stato così ulteriormente gravato, vincoli su vincoli aggiunti a macchia di leopardo in modo iniquo e disomogeneo.

L’art. 4 e l’art. 32 della Costituzione non vanno contrapposti ma vanno contemperati: la libertà di fare impresa e la salute pubblica devono rimanere sullo stesso piano tutelandosi a vicenda. Attualmente assistiamo alla presunzione di tutelare la salute pubblica colpendo sempre e solo un tipologia di gioco – giochi AWP - comunque legale e autorizzato dallo stato.

È da considerarsi razionale questo modo di governare? I dati del Ministero della Salute dicono che circa 13 mila italiani sono ufficialmente in cura per guarire dal Disturbo da Gioco d'Azzardo (DGA).
L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce i “ ludopatici ” come coloro che sono affetti da gioco-dipendenza intendendo nel gioco sia i giochi elettronici che quelli d'azzardo. Col passare del tempo tale termine ha assunto sempre più il significato ristretto di un comportamento caratterizzato dal desiderio compulsivo di tentare la fortuna al gioco e ciò sulla spinta di comunicazioni dettate da una certa politica e da mass media c.d. NO SLOT.

Cito a titolo esemplificativo come tra le diverse forme di dipendenza che affliggono la specie umana oltre al gioco patologico ci sia l’alcolismo. Gli esperti che si occupano della dipendenza da bevande alcoliche, e in questo caso abbiamo dati certi del pericolo legato al fenomeno che produce migliaia di morti all’anno e numeri 10 volte superiori alla dipendenza da gioco, non se la prendono con il prodotto in sé. Curano ma al contempo (semmai concordano nell’esaltazione) esaltano le capacità nella viticoltura e nell'enologia del Bel Paese quando la distribuzione e l'uso sia in linea con il benessere. A nessuno viene in mente di vietare la somministrazione di un determinato vino o birra rispetto ad altri. A nessuno viene in mente di vietare la somministrazione di alcolici, ne tantomeno superalcolici , vicino a una chiesa o a una scuola! Qui si può bere ma non si può giocare!
Quindi si possono bere grandi quantità di alcolici ma non si dovrebbe poter giocare. E la salute? Perché in questo caso non ci si preoccupa di tutelare la salute? Il problema è il prodotto o l’uso che ne viene fatto?

“Non voglio negare o ignorare il problema del gioco patologico, ma" occorre educare al gioco , qualsiasi esso sia.
Il vizio del gioco e' antico. Proibire non risolve. Serve educare all'uso del libero arbitrio. Tutto qui."
Col proibizionismo non si è mai risolto nulla, ancor meno se mascherato e che serve solo a fare cassa. Siamo in presenza di uno Stato biscazziere che attraverso distorte comunicazioni falsa la realtà del nostro modo di fare impresa!

Eugenio

Nelle parole del Sindaco sono presenti, però, due gravi inesattezze.
Come spesso accade a chi parla del settore gioco legale senza averne approfondito le specifiche e i numeri, anche il Sindaco Allevi finisce per confondere la spesa dei giocatori con la raccolta, sostenendo che la spesa pro capite fosse di 823 euro a testa prima del suo intervento. Il Sindaco però sbaglia, perché dimentica di considerare quelle che sono le vincite dei giocatori. La spesa effettiva dei giocatori, infatti, è sempre il giocato meno il vinto. Con questa semplice operazione è infatti possibile avere il dato reale della spesa, senza correre il rischio di lanciare dati sballati e fuorvianti, che saranno anche efficaci nella logica della propaganda politica, ma che purtroppo per chi li riporta sono anche falsi. Ci si accorgerebbe infatti che la spesa effettiva media del giocatore è una percentuale molto bassa dell’intero giocato, perché semplicemente gran parte del giocato torna per legge proprio nelle tasche dei giocatori. Pertanto il dato sulla spesa pro capite, di 823 prima e di 238 poi, è errato.
L’altro errore che commette il Sindaco in questa dichiarazione è quello di prendersi i meriti per la riduzione del numero di slot nel suo paese.
Vogliamo informare il Sindaco che in seguito ad una legge nazionale le slot in Italia hanno subito una riduzione del 35% nei primi 4 mesi del 2018 su tutto il territorio italiano. Pertanto la riduzione del 25% in 3 anni a Monza non solo non è avvenuta grazie al Sindaco, ma è anche inferiore alla media nazionale.
Nulla di nuovo insomma. Siamo abituati ad amministratori locali che pensano ad accaparrare facile consenso prendendo di mira l’unico settore che viene ritenuto sacrificabile, dimenticando le migliaia di addetti che ne fanno parte e la funzione di queste aziende, cruciale ed insostituibile per la raccolta per conto dello Stato e per il mantenimento della legalità. Quello che non è accettabile però è la mistificazione della realtà e la scarsa conoscenza delle dinamiche di un settore che si è chiamati a regolare.