Salva un uomo, è caccia all'eroe
Lunedì dell'altra settimana ha impedito a un uomo di morire impiccato, nell'indifferenza generale. Il sindaco: "Troviamolo"

Ha salvato la vita a un uomo, tenendogli le gambe per tutto il tempo perché il cappio al collo non ne provocasse la morte. Ma attorno a lui l'indifferenza dei passanti che nemmeno si sono presi la briga di prendere il telefono e chiamare aiuto.
Ancora indifferenza
Il fatto lunedì dell'altra settimana a Monza vicino al centro. Ma adesso tutti cercano l'eroe, un 35enne di origine egiziane, Abdilah Atri, che ha avuto il buon cuore di non girarsi dall'altra parte come hanno fatto molti altri. La vicenda è avvenuta alle 23.30, in via Visconti, vicino al parcheggio sotterraneo a lato della ferrovia. A tentare il suicidio un 27enne di Sovico che ha cercato di impiccarsi. E ce l'avrebbe anche fatta se il 35enne non gli avesse tenuto le gambe sollevate non appena lo ha notato.
La testimonianza
«Sono solo un passante come tanti - ha spiegato il 35enne eroico - La sola differenza è che io, quando ho visto quella persona appesa alla massicciata mi sono fermato. Mentre tutte le altre persone che passavano di qui non si curavano proprio della scena, passavano oltre e non si fermavano. Non so come si possa vivere così, con un peso del genere sulla coscienza. Forse non hanno un cuore. Io quando posso dare una mano lo faccio, anche se sono stanco, stremato, senza forze. Quello che più mi dispiace è stato verificare l'assenza di sensibilità nelle tante persone che ci sono passate vicine». «Aiutate le persone - ha dichiarato il 35enne prima di allontanarsi e far perdere le tracce - Siamo solo numeri, in fin dei conti, abbiamo un inizio e una fine. Vi sembra possibile che una persona sofferente non debba ricevere le giuste cure che merita ogni essere vivente? Quanto odio c'è nel mondo se chi ha un cellulare non lo tira nemmeno fuori dalle tasche per chiamare un'ambulanza o le Forze dell'ordine. Ci si deve mettere una mano sulla coscienza, aiutare il prossimo è un dovere morale. Io non ho fatto nulla di speciale. Sono solo stato umano».
L'appello
Perché le persone sono diventate così restie ad a intervenire in caso di emergenza in un periodo in cui la sensibilizzazione sul primo soccorso è massima? Era successo ad aprile quando un uomo, scambiato per un ubriaco, in largo Mazzini fu soccorso tardivamente e morì d'infarto un sabato sera, mentre passavano i ragazzini a farsi i selfie (come abbiamo raccontato qui). Ed è riaccaduto quest'estate, in via Buonarroti, quando un uomo di colore è morto per un malore causato dal caldo e anche in quel caso non fu soccorso subito.
«Al di là di quello che è successo al signore che ha tentato il suicidio, dovremmo pensare che lì per terra un giorno potremmo esserci noi, quindi magari si può pensare di aiutare qualcuno in difficoltà se si vorrebbe ricevere lo stesso trattamento», ricorda Mirko Damasco, presidente e fondatore di Salvagente onlus. Anche perché più che una possibilità, sarebbe un vero e proprio obbligo, morale, ma anche per la legge. «Si chiama omissione di soccorso quando non mi fermo a soccorrere una persona in difficoltà. Se le persone facessero corsi di primo soccorso lo capirebbero anche meglio».
L'encomio
Ma stavolta Damasco osa di più. «Se il sindaco non pensa di premiare l’uomo che è intervenuto salvando una vita umana, lo faremo noi personalmente se riusciamo ad individuarlo. Chiediamo a chi lo conosca di mettersi in contatto con il Giornale di Monza». Un appello risuonato anche in Consiglio comunale lunedì, su richiesta al sindaco da parte di Federica Mosconi (Lega Nord). E il primo cittadino Dario Allevi ha raccolto l'invito: «Mi impegno per cercare di trovare questa persona che ha evitato una tragedia». Ora non resta che trovarlo.