L'omicidio la notte dell'Epifania

Uccise il compagno, niente giudizio abbreviato per Stella Boggio

La richiesta dei suoi legali è stata giudicata inammissibile, mercoledì 17 inizia il processo

Uccise il compagno, niente giudizio abbreviato per Stella Boggio
Uccise il compagno, niente giudizio abbreviato per Stella Boggio. La richiesta dei suoi legali è stata giudicata inammissibile, mercoledì 17 inizia il processo

“Inammissibile” la richiesta del rito abbreviato

Chiede il rito abbreviato la difesa di Stella Boggio, pur essendo una richiesta “inammissibile”, visto che la 33enne di Limbiate è giudicabile solo dalla Corte d’Assise, trattandosi di un’accusa di omicidio aggravato dal vincolo della relazione affettiva, e quindi punibile con l’ergastolo.

Mercoledì prima udienza del processo

L’istanza, tuttavia, pur essendo non ammissibile anticipa quella che sarà la probabile strategia difensiva nel processo in Corte d’Assise (prima udienza fissata mercoledì 17 settembre a Monza) sull‘uccisione del 38enne di Arese Marco Magagna, avvenuta a Bovisio Masciago nella mansarda in cui la coppia viveva di fatto in via Tonale la notte dell’Epifania: cercare di ottenere un ridimensionamento dell’accusa. Puntare, per esempio, all’eccesso colposo di legittima difesa, come era stato qualificato il fatto dal gip in sede di convalida dell’arresto, e “recuperare” la richiesta di abbreviato, che concede lo sconto di un terzo della pena.

La donna è ai domiciliari

La donna, attualmente, si trova agli arresti domiciliari a casa dei genitori a Limbiate. Tra i due era scoppiata una lite, al termine della quale Magagna aveva ricevuto una violenta coltellata al cuore. Boggio aveva detto di essersi dovuta difendere da un’aggressione da parte del compagno. Al momento della convalida dell’arresto il gip l’aveva ritenuta pericolosa, ma le aveva concesso i domiciliari dando credito alla versione dell’eccesso di legittima difesa.

Il ricorso della procura

Contro tale decisione la procura aveva fatto ricorso ai giudici del Riesame di Milano, chiedendo invece che la 33enne tornasse in carcere sostenendo la tesi dell’omicidio volontario. Questa era sta riconosciuta dai giudici milanesi, che comunque avevano giudicato la misura dei domiciliari sufficiente a giustificare le esigenze cautelari.