Seregno

C’è tanta voglia di andare al teatro... di prossimità

I dati della ricerca sul pubblico condotta dall’Università Cattolica di Milano, presentata di recente in occasione della l’assemblea dei soci dell’Acec, l’Associazione cattolica esercenti cinema

C’è tanta voglia di andare al teatro... di prossimità
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La maggioranza del pubblico considera molto importante il teatro di prossimità, la metà ha un abbonamento, ma soltanto il 22 per cento va in sala quasi ogni mese.
Sono alcuni dei dati emersi nella ricerca sul pubblico teatrale condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presentata di recente al Cinema Nuovo di Sovico dalla direttrice dell’Almed (Alta scuola in media comunicazione e spettacolo), Maria Grazia Fanchi, in occasione della l’assemblea dei soci dell’Acec, l’Associazione cattolica esercenti cinema, della Diocesi di Milano.
Acec promuove la realizzazione delle sale della comunità e favorisce la gestione della sala, oltre ad offrire supporto e consulenza agli esercenti iscritti ed opera in piena osservanza con gli indirizzi pastorali dell’episcopato italiano. Le sale della comunità sono luoghi dedicati allo spettacolo, al cinema e al teatro, con una vocazione polifunzionale e comunitaria.

C’è tanta voglia di andare al teatro... di prossimità

All’assemblea erano presenti oltre quaranta rappresentanti di sale tra le ottanta aderenti. In apertura don Gianluca Bernardini, presidente Acec e referente cinema e teatro della Diocesi, ha articolato il suo intervento su due punti: la programmazione, con la proposta di film sostenuti dall’associazione, e l’analisi, con le ricerche sul pubblico e i sostegni alle attività di sinergia instaurate dagli esercenti.

Dopo l’approvazione del bilancio consuntivo 2022 e del preventivo per l’anno in corso, l’attesa presentazione della ricerca che si è svolta nelle dieci sale che fanno capo a «Teatri in rete»: in Brianza San Rocco di Seregno, Excelsior di Cesano Maderno, Nuovo di Arcore, San Luigi di Concorezzo e San Giuseppe di Brugherio.

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0I dati

Su tremila questionari distribuiti nelle dieci sale (dal 9 marzo al 12 aprile), con una sola serata di rilevazione, le risposte complete sono state 2.992 (di cui 1.662 on line e 1.327 cartacee) e il 72 per cento dal mondo femminile.
Il 35 per cento delle risposte è stato offerto da persone comprese nella fascia di età tra 55 e 65 anni, seguita dal 26 per cento fra 65 e 74 anni, il 17 per cento fra 45 e 54. Solo il 3 per cento sotto i 24 anni, e l’8 per cento per gli over 75.
La metà disponeva di un abbonamento a teatro per la stagione in corso, il 18 per cento ha avuto un abbonamento per una stagione teatrale in passato e il 33 per cento non ha mai sottoscritto un abbonamento.
Per quanto riguarda la frequenza a teatro, il 36 per cento va a teatro una volta ogni due o tre mesi, di cui il 45 per cento sono abbonati, mentre il 27 per cento non sono abbonati.
Il 22 per cento quasi ogni mese, di cui il 37 per cento abbonati e solo sette su cento acquistano il biglietto; il 16 per cento frequenta un teatro una volta ogni 5-6 mesi, tutti i mesi l’8 per cento.
Mette piede in un teatro una volta all’anno l’11 per cento, di cui il 20 per centro tra i non abbonati. Alla domanda sull’importanza di avere un teatro di prossimità, il 63 per cento ha risposto che è molto importante, il 32 abbastanza importante e solo il 5 poco importante.
Circa il rapporto con la sala: il 34 per cento ha conosciuto la sala tramite consiglio di amici o conoscenti, il 22 per cento attraverso le newsletter via e-mail, il 21 per cento dai cartelloni pubblicitari, il 16 per cento tramite internet o i social, il 15 con il passaparola.
Infine, il 9 per cento conosce la sala perché situata nel Comune in cui abita e il 5 per cento conosce la sala da sempre.

Consigliato per la vicinanza a casa

In una delle domande del questionario è stato chiesto: «In assenza di un teatro di prossimità cosa farebbe?». Il 54 per cento ha risposto che andrebbe a teatro meno spesso e il 16 per cento rinuncerebbe del tutto ad andare a teatro, mentre il 31 per cento si affiderebbe a teatri più distanti, senza cambiare la frequenza con cui va a teatro.
L’83 per cento degli intervistati vede nel teatro un luogo che appartiene a tutti i cittadini, e il 73 per cento lo considera un punto di riferimento per il proprio Comune. Solo il 52 per cento lo avverte tuttavia come un vero luogo di aggregazione.
Sulla valutazione delle 10 sale, la stragrande maggioranza (90 per cento) si è detta estremamente soddisfatta della professionalità dei volontari e l’84 per cento della cura degli spazi. La qualità dell’offerta è accolta in modo positivo dal 75 per cento, per il 19 per cento è comunque migliorabile.
Il numero di opere teatrali è il fattore con più ampi margini di miglioramento: il 66 per cento è estremamente soddisfatto (con voto da 8 a10), ma il 34 per cento ne vorrebbe ancora di più.
Al quesito se consiglierebbe il teatro della sua città, ben l’84 per cento ha dato una risposta affermativa, solo lo 0,7 per cento non lo consiglierebbe.
Poco più della metà consiglia il proprio teatro per la qualità dell’offerta e il 30 per cento per ragioni logistiche, come la vicinanza, il prezzo e la comodità della sala; ragioni che inducono a consigliare la sala (il 28 per cento) anche per la gestione da parte dei volontari, percentuale che superano quelle delle motivazioni personali e più private.
Nella ricerca, settanta spettatori su cento hanno sentito fortemente il bisogno di ritornare a teatro dopo i periodi di lockdown e di chiusura. Solo il 47 per cento ha sentito fortemente il bisogno di ritornare al cinema, a fronte di una percentuale del 24 che non ne ha quasi più sentito il bisogno.

«Teatri in rete» per battere la crisi

Il progetto «Teatri in rete», che ha preso ufficialmente il via nell’ottobre dello scorso anno, è il culmine di un percorso condiviso maturato negli anni e rafforzatosi durante lo stop causato dalla pandemia, ma rappresenta anche una svolta radicale ed impattante.
La tradizione pluridecennale delle sale della comunità ha portato ad esperienze sui territori di appartenenza che rappresentano un unicum a livello nazionale per profondità e radicamento storico.

Ne fa parte una dozzina di sale dell’Associazione cattolica esercenti cinema (Acec): oltre al teatro San Rocco di Seregno, Nuovo di Arcore, San Giuseppe di Brugherio, San Luigi di Concorezzo, Excelsior di Cesano Maderno, Cristallo di Cesano Boscone, Nuovo di Magenta, Delle Arti di Gallarate, Auditorium di Casatenovo, Argentia di Gorgonzola, Crystal di Lovere, Auditorio di Cassano Magnago.

Una risposta alle difficoltà del settore culturale

Il progetto è la risposta alle difficoltà che il settore culturale sta affrontando, con la convinzione che si possono superare soltanto con l’unione, comunicando insieme e progettando in sinergia.
Nel rispetto dell’autonomia economica, artistica, gestionale e organizzativa delle singole realtà, per la prima volta nella storia dell’associazione è nato un coordinamento tra sale teatrali. Il palcoscenico ha assunto così un ruolo ancora maggiore all’interno dell’Acec, continuando il processo di valorizzazione delle polifunzionalità delle diverse realtà.
«Teatri in rete» è un organo che rappresenta dodici sale che insieme contano più di seicento tra operatori culturali, professionisti e volontari, che rendono possibile la continuazione di stagioni storiche.
Il coordinamento si è proposto di rendere ancora più visibile al pubblico, alla società e alle istituzioni l’unicità dell’esperienza comune, oltre ad offrire un supporto qualitativo e la messa a disposizione delle competenze reciproche, per elevare sempre di più l’offerta per gli spettatori, ampliando il bacino e dando uno strumento per supportare gli elevati budget economici sostenuti.

«Finanziamenti pubblici non solo alle grandi sale»

Alla curatrice della ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la docente Mariagrazia Fanchi che è anche direttrice dell’Almed, abbiamo chiesto un commento dei dati emersi.

«Il ritorno del pubblico in sala per gli spettacoli dal vivo è sicuramente rilevante, sia dal punto di vista sociale che culturale - ha esordito Fanchi - Un dato che evidenzia il bisogno di relazione generato dal periodo del lockdown e dai mesi seguenti segnati dalle restrizioni alla vita sociale e pubblica per contrastare la diffusione della pandemia. La stessa spinta si rileva anche per altre forme di esperienza ad alto tasso di socializzazione e a carattere intrattenitivo».

Dei dati emersi dalla ricerca cosa l’ha particolarmente colpita?

«Mi ha sorpreso l’importanza della prossimità del teatro. E’ un dato importante che invita anche nelle politiche di finanziamento pubblico a un tipo di attenzione diversa, non solo a favore dei teatri collocati nelle grandi città, come al momento tendenzialmente accade. L’età relativamente alta di chi ha risposto va valutata anche in relazione alla cornice della rilevazione e al tipo di spettacoli contestualmente ai quali sono stati somministrati i questionari; il teatro per ragazzi, infatti, è molto seguito. Detto questo, è vero anche che si registra una disaffezione dal teatro - così come dal cinema - nel momento in cui i consumi culturali cessano di essere mediati dalle istituzioni, dalla scuola o dalla famiglia e diventano un fatto individuale. E’ in quel passaggio delicato che occorre operare, sia con proposte culturali e teatrali profilate opportunamente, sia con iniziative che rimettano in gioco la scuola come grande e potente, se ben utilizzato, mediatore».

I risultati della ricerca, come hanno osservato durante la presentazione Federico Bionda e Sara Sampietro, ricercatori dell’Università Cattolica, sono molto incoraggianti.

«Un indice così alto di risposta ai questionari è indicativo di un grande investimento e di un legame intenso con la sala. A mio parere la novità principale è quella che menzionavo in partenza: il desiderio di andare a teatro non come evento straordinario, da farsi una volta ogni tanto, solo nei teatri più grandi e celebri e prevedendo uno spostamento anche importante verso le grandi città. Bensì, come è stato in passato, un tipo di esperienza che possa assumere un carattere anche ordinario nella sua straordinarietà, radicata nel proprio territorio e in grado di dialogare con esso e di arricchirlo».

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