«Servono scelte eccezionali per situazioni eccezionali»
Intervista al presidente Nicola Caloni, che ci spiega le sue preoccupazioni per il futuro e cosa si aspetta dallo Stato.
Servono scelte eccezionali per situazioni eccezionali. Così la pensa Nicola Caloni, presidente di Confimi Industria Monza Brianza e titolare di Caloni Trasporti, con sede a Seregno. Proprio con lui avevamo parlato all’inizio del lockdown. Ma adesso bisogna iniziare a fare un bilancio di questa prima parte dell’anno. E Caloni lancia un allarme: «Se le aziende sono in difficoltà lo Stato deve intervenire, altrimenti potrebbero essere tante quelle costrette a chiudere».
«Tutti stiamo facendo fatica»
E’ arrivata l’estate e molti sono in vacanza, nonostante l’emergenza sanitaria non sia ancora finita. Ma gli imprenditori non staccano mai e devono fare i conti con diversi mesi di difficoltà, tra chiusure delle attività, calo dei fatturati e incertezza per il futuro.
«Stiamo vivendo i problemi economici come tutti - ci spiega Caloni - La nostra attività, poi, è strettamente legata al mercato, quindi non brilla nemmeno per noi. Abbiamo conservato tutti i clienti, ma non basta e, come vale per molti, bisogna cercare di ampliare la quota di mercato, il che non è affatto semplice. Certamente ci sono settori che sono stati più penalizzati, penso allo spettacolo e alla ristorazione. Nel manifatturiero dipende dal settore: qualcuno, pochi per la verità, sono riusciti a trovare un’onda positiva. Ma tutti stiamo facendo fatica, anche in Brianza come in tutta Italia».
L’emergenza ci ha obbligati a cambiare modo di lavorare?
«Abbiamo dovuto accelerare dei processi che in qualche modo stavamo già affrontando: la digitalizzazione dei documenti, l’utilizzo di sistemi da remoto. Si è dato maggior valore alla connettività, magari non per tutti era così indispensabile prima, ma adesso tutti si sono dovuti adeguare, tra smart working e video call. I pregi e i difetti si vedranno nel medio termine, quando certe situazioni si assesteranno: oggi è innegabile sia una comodità, ma manca il contatto diretto, spesso molto importante e necessario».
Tra associati come vi siete aiutati?
«L’impatto iniziale è stato molto forte, ci siamo tenuti molto in contatto, anche per chiedersi “adesso come facciamo”. Poi è continuato il confronto, su come stavano andando le cose e come affrontare le nuove sfide imposte dalla situazione. Un tema delicato era il commercio estero: i problemi che emergevano nella concorrenza straniera, quando per primi abbiamo chiuso e di conseguenza abbiamo subito un gap competitivo. Poi ci siamo tutti allineati e abbiamo affrontato il mercato ad armi pari. E anche qui è stato importante il confronto».
L’associazione ha supportato le imprese anche nelle necessità concrete, come i dpi?
«Anche su dispositivi e organizzazione del lavoro c’è stata condivisione, tutti ci siamo dovuti adattare. La capacità degli italiani è anche quella di trasformarsi in tempi rapidi. Ormai certe cose sono integrate nei cicli di produzione, dai dispositivi alla sanificazione, anche grazie alla collaborazione di alcune imprese associate, come la bella esperienza di Con_diVision».
Un tema caldo riguardava l’aspetto finanziario, il rapporto con le banche e l’accesso al credito.
«D’altra parte è sempre stato un argomento difficile. L’associazione si è sempre attivata su questo, magari su alcuni aspetti ha dovuto rallentare, come la formazione, ma su altri si è fatto tanto. Ad esempio l’accordo con Euler Hermes, per l’assicurazione del credito commerciale, è un’occasione importante per i nostri soci».
In condizioni normali avreste avuto l’assemblea dei soci a luglio, ma è stata rimandata...
«Ovviamente le condizioni ci hanno portato a rimandarla, speriamo per fine settembre. Il tema centrale sarebbe stato e ovviamente sarà quello che ci accompagna tristemente da mesi, cioè l’emergenza Covid».
E su cosa punterebbe maggiormente l’attenzione?
«Bisogna guardare un po’ più in là nel tempo, e preoccupano i bilanci 2020. Sappiamo che in Italia le aziende non sono molto patrimonializzate, quindi potrebbe risultare difficile affrontare la chiusura dei bilanci. Molte aziende si troveranno in negativo e se non avranno solidi patrimoni alle spalle potrebbero rischiare il fallimento. E il Paese come affronterà questa situazione? Lascerà che le imprese portino i libri in tribunale? Servono scelte eccezionali per situazioni eccezionali».
Si dovrebbe intervenire sulle tasse? Per cui si è più che altro spostata la scadenza?
«Serve un’azione diversa da parte dello Stato. Sono consapevole, da cittadino, che c’è un bisogno finanziario, siamo tutti sulla stessa barca. Ma chi è più grande aiuti chi è più piccolo. Lo Stato prenda atto della situazione, che non dipende da noi e dia una mano. Anche lo Stato ovviamente è in difficoltà e infatti chiede una mano all’Unione europea. Questa è la catena che dovrebbe funzionare. Altrimenti ne faranno le spese i più fragili, a partire dalla imprese e di conseguenza i dipendenti. Speriamo ci stiano ragionando già adesso, altrimenti arriveremo a marzo del prossimo anno e non sapremo cosa fare».
Cosa chiedete come associazione allo Stato?
«Le piccole aziende hanno bisogno di alcune semplici cose: meno burocrazia, maggiore flessibilità ragionata, sostegno con gli istituti di credito, parametri competitivi a livello globale come il cuneo fiscale o il costo dell’energia, per combattere ad armi pari sul mercato. Sulle tasse bisognerebbe quantificare le difficoltà subite per il Covid: in media ha portato uno stop di un mese e mezzo? Questo pesante fermo non può gravare interamente sul 2020. I riflessi negativi che ne derivano andrebbero considerati anche in termine di riduzione delle tasse e delle altre incombenze, magari spalmando in più anni i pagamenti. Bisogna dare respiro alle imprese con dilazioni o moratorie, pure con aiuti a fondo perduto. Insomma, o aiuti o fai morire. Il Ponte di Genova dimostra come l’emergenza possa accelerare i tempi. Ma non possiamo sempre aspettare l’emergenza per fare le cose».
Cosa si augura per questa estate?
«Il mio augurio prima, come di molti altri, era quello di recuperare ad agosto, ma tutti chiudono come gli altri anni, quindi speriamo in una ripresa a settembre. Certo, dopo le fatiche dell’emergenza sanitaria c’è bisogno di staccare e fare vacanza, ma le aziende continuano a lavorare e speriamo lo possano fare anche dopo l’estate».