Cosa è cambiato?

Un anno di Covid, i 365 giorni che ci hanno stravolto la vita

Era il 20 febbraio del 2020 quando fu accertato il primo caso in Italia, a Codogno. Tutti lo ricorderanno, si tratta del paziente 1, Mattia Maestri. Oggi cosa è cambiato? 

Un anno di Covid, i 365 giorni che ci hanno stravolto la vita
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Un anno di Covid, i 365 giorni che ci hanno stravolto la vita. Era il 20 febbraio del 2020 quando fu accertato il primo caso in Italia, a Codogno. Tutti lo ricorderanno, si tratta del paziente 1, Mattia Maestri. Oggi cosa è cambiato?

Un anno di Covid, i 365 giorni che ci hanno stravolto la vita

Il 20 febbraio 2020 è una data che sicuramente i nostri figli e ancora di più i loro figli studieranno sui libri di storia.

E' trascorso un anno esatto da quando Mattia Maestri, il «paziente zero» (che si scoprirà poi non essere il primo caso di Covid in Italia) di Castiglione d’Adda, piccolo paese del Lodigiano a pochi chilometri dalla Martesana, con il suo tampone positivo, ci ha fatto capire una cosa: il Coronavirus, di cui sentivamo parlare da qualche settimana, non era più quel virus lontano migliaia di chilometri, era qui, era entrato nelle nostre case.

Niente baci e abbracci

In poche settimane stravolgerà le nostre vite: impareremo a non abbracciarci, a non darci più la mano, a indossare le mascherine e a cospargerci le mani di disinfettante. Le nostre abitazioni in pochissimo tempo diventeranno i luoghi più sicuri, non solo per la presenza dei nostri affetti più cari, ma anche perché là, fuori, il rischio è quello di ammalarsi sul serio.

Il primo caso in Brianza

Il 23 febbraio è un'altra data che non dimenticheremo: quel giorno è stato accertato il primo caso di Covid anche in Brianza. Quel che è stato dopo purtroppo lo conosciamo benissimo: la paura, le sirene della ambulanze, gli ospedali via via sempre più affollati, gli infermieri e i medici in prima linea 24 ore su 24. E i morti, i troppi morti che ancora oggi contiamo ogni giorno.

Virus e nuova parole

Nel corso di un solo anno abbiamo imparato parole a noi sconosciute, la più rappresentativa resta "lockdown", tutti a casa, scuole chiuse, serrande abbassate (a parte quelle dei servizi essenziali); ma ne seguiranno altre come "tampone", "dpcm", "DAD", "pandemia", "zona gialla, rossa, arancione". Abbiamo imparato a metterci in fila, a farci misurare la febbre, a rispettare le distanze per ogni cosa: per prendere il pane, per andare al supermercato, per ritirare le mascherine distribuite dalla Protezione Civile o dai volontari del soccorso.

I nostri anziani, soli

A fatica abbiamo affrontato il distacco dalle persone a noi più care: nonni, parenti stretti, genitori. con cui l'unico abbraccio possibile era quello virtuale, attraverso una video-chiamata. Abbiamo affrontato situazioni drammatiche: prima fra tutte quella di non poter accompagnare i nostri cari in ospedale, di non poterli vedere se non in video, purtroppo in troppi casi non poterli nemmeno salutare per l'ultima volta.

La seconda ondata

Dopo mesi di emergenza siamo in qualche modo ripartiti, durante l'estate, salvo poi ripiombare nel baratro della seconda ondata, forte, violenta, resa ancora più difficile da un'altra emergenza che si è andata a sommare a quella sanitaria, quella economica. A causa delle chiusure sono state, e ancora oggi sono, tante le famiglie rimaste senza reddito e le figure professionali che non hanno potuto lavorare con continuità, attendendo ristori spesso inadeguati.

Intanto le scuole hanno riaperto, più o meno. Anche nel settore dell'istruzione si procede a singhiozzo, provando ad arginare l'emergenza sanitaria con le cosiddette "bolle", a frenare i contagi con le quarantene e e i test a tappeto ( vedasi il recente caso di Agrate).

I vaccini e la paura delle varianti

Ma soprattutto sono arrivati i vaccini. Da due mesi circa la somministrazione procede secondo fasi precise, anche se un po' a rilento soprattutto a causa dei ritardi nei rifornimenti, e proprio in questi giorni è arrivata a interessare le persone più fragili, i nostri anziani, i nostri nonni.

Siamo ancora lontani, purtroppo, dal poter scrivere la parola Fine su questa pandemia. Oggi è il 20 febbraio 2021 e ancora conviviamo con mascherine e gel, con la paura (ora per le varianti del virus soprattutto), e con l'ansia che, dicono gli specialisti, ci ha reso tutti un po' più tristi e depressi.

Ma stiamo combattendo. Possiamo aver perso una o più battaglie, ma la guerra contro il virus non la perderemo di certo.

 

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